In attesa dell’ottava tappa, quella da Foligno a Montecopiolo, nell’entroterra di Pesaro, che prevede la dura salita del Cippo di Carpegna, cult delle arrampicate in bicicletta perché lì ci si allenava il Pirata, alias Marco Pantani (da quota 711 a 1358, sei chilometri che comportano un dislivello di 594 metri con pendenza media del 9,9 per cento e una pendenza massima del 14 per cento), sono costretto ad annunciare la dipartita – ciclisticamente parlando – del panamense Ramon Carretero Marciacq, pettorale 133, il primo corridore dell’Istmo ad avere mai affrontato un Giro d’Italia. E’ stato orgogliosamente maglia nera per tutte le sei tappe che ha concluso, compreso quella della Grande Caduta ai piedi di Montecassino. Anzi, in cima all’abbazia se l’è cavata giungendo persino 131esimo, a 14 minuti e due secondi dalla maglia rosa Matthews, giusto davanti al giapponese Beppu.

Ma ieri, durante la settima tappa, in fondo alla discesa di Subiaco, poco prima di Agosta, si è ritirato. Ha raggiunto Foligno su una delle vetture della Neri Sottoli, la sua squadra capitanata dal bravissimo (sinora) Mauro Rabottini, sesto in classifica generale.

Non ce la faceva più, il giovanotto di Panama. Il suo primo Giro è durato 1041 chilometri e quasi una settimana. Aveva accumulato un ritardo abbastanza importante, un’ora quattro minuti e 39 secondi. Difendeva coi denti l’ultima piazza, attento a non uscire mai dal tempo massimo. Peccato, ci mancherà: era diventato infatti la mascotte del gruppo, con quel faccino da studentello (ha studiato al Colegio De La Salle) e la voglia di imparare. In bicicletta ha una buona posizione, qualcuno dei suoi compagni di squadra dice che il telaio e Ramon sembrano l’uno fatto per l’altro.

Il ragazzo è nato il 26 novembre del 1990, nel 2011 ha conquistato la prima medaglia d’oro del suo Paese nel ciclismo ai Giochi Panamericani vincendo la gara a cronometro individuale under 23. I suoi genitori hanno un negozio di articoli sportivi ciclistici, gli zii Vicente e Roberto, come papà Ramon Carretero Napolitano, partecipano alle corse per amatori, tanto che il campioncino – ha vinto quattro Giri del Panama consecutivamente – è chiamato el pedalista Ramon Carretero III. Passione, entusiasmo sono un carburante familiare. Ma il Giro d’Italia è una balia sempre troppo severa…

Il posto di Ramon in coda alla classifica è stato occupato dall’australiano Cameron Meyer, fido scudiero della maglia rosa Matthews, il leader della Orica Greenedge, la cui maglia, per metà del dorso, è peraltro già bella nera. La sostanziale differenza tra lui e il pivello Ramon è che il ventiseienne Cameron ha un curriculum eccezionale: è un grande pistard, un talento del pedale fisso, specialista della corsa ai punti, dell’inseguimento e dell’americana. Ha conquistato sei titoli mondiali, scusate se è poco, a cui dobbiamo aggiungere tre argenti e un bronzo. In Italia ce lo sogniamo uno così. Su strada, Meyer sta dimostrando buone qualità (specie a cronometro, ha vinto nel 2013 la prima tappa del Giro della Svizzera). E’ al suo quarto Giro, il primo (2009) è durato tredici tappe, nel 2010 e nel 2011 è riuscito ad ottenere l’identico piazzamento finale: 137esimo. Ha concluso al 130esimo posto il Tour dello scorso anno. Il compito suo è far da locomotiva, pilotare Matthews in cima al plotone negli arrembanti finali del mucchio selvaggio che si disputa la volata. Ci vuole pelo sullo stomaco, grandissimo mestiere e altrettanto coraggio: gli ingredienti dell’arrembante ciclismo australiano, maturati nella scuola dei velodromi, dove si vince se rischi sempre.

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