Gli eroi del quinquennio: Pac-Man e Super Mario 
Tutto è iniziato da una pizza priva di uno spicchio. Fu questa a ispirare Toru Iwatani, che nel 1979 partorì Puck-Man. L’anno dopo, come Pac-Man, la prima superstar del mondo dei videogame sarebbe sbarcata sul mercato americano; quel vorace cerchietto giallo, che si muoveva in un labirinto inseguito da quattro fantasmini, non l’avremmo più dimenticato.   

Nel 1983 è la volta del videogame con l’idraulico più famoso (e celebrato) di tutti i tempi: Mario Bros. Il baffuto protagonista deve far fuori, prendendoli a calci, tartarughine e altri animali che irrompono dalle tubature. Nel 1985 l’idraulico in salopette blu e berretto rosso diventa un vero e proprio supereroe. Inaugura la fortunatissima serie – a comporla più di duecento videogame – Super Mario Bros. 

Una (incompleta) rassegna
Le battaglie campali di Battlezone (1980), combattute contro missili, carri armati, dischi volanti; gli scontri aerei di Red Baron (1980), immaginati al tempo della Prima Guerra Mondiale; il conflitto missilistico di Missile Command (1980), che evoca la corsa agli armamenti al tempo della Guerra Fredda; il riarmo nucleare di A Mind Forever Voyaging (1985), ambientato in un futuro politico dalle tinte foschissime. Le futuristiche motorbikes sparattutto di Mad Crasher (1984), sospese a mezz’aria, e le astronavi di Defender (1980) e soprattutto di Zaxxon (1982), primo oggetto di un videogioco a essere dotato di un’ombra. La navicella-granchio di Tempest (1981), che vola tutto intorno al bordo di un tunnel da cui spuntano fuori nugoli di creature nemiche, e la nave di MineStorm (1982), ispirato al mitico Asteroids (1979), che deve distruggere le mine incrociate sul suo percorso.
Il detective senza nome di Deadline (1982), che indaga su un apparente suicidio e ha dodici ore per risolvere il caso, e il vampiro per antonomasia (Dracula, 1982) che si trasforma in un pipistrello, o bussa alle porte delle abitazioni in cerca di vittime. La caccia al tesoro di Pitfall! (1982), fra ostacoli e trabocchetti di vario genere, la sfida al recupero di tesori sommersi di Cutthroats (1984), le avventure all’interno del castello incantato di Atic Atac (1983), fra porte chiuse e passaggi segreti. I giochi olimpici estivi di Summer Games (1984) e gli altri di Track & Field (1983), in cui ti si slogava quasi il polso ad abbassare il più velocemente possibile i tasti per far correre il tuo atleta.
Le rocambolesche avventure spaziali di Planetfall (1983), segnate dalle battute infantili del robottino Floyd, e le imprese di Peter Pepper, il cuoco di BurgerTime (1982) che, per poter preparare i suoi hamburger, deve affrontare uova e sottaceti animati, e la corsa contro il tempo del minatore di Manic Miner (1983), che deve provvedere alle sue riserve d’ossigeno, caverna dopo caverna, cercando di scampare alle tante trappole in cui s’imbatte. L’elicotterista di H.E.R.O (1984), con l’elica che spunta dallo zaino, che i minatori li salva a suon di dinamite, e il cavaliere di Dragon’s Lair (1983), che salva invece, da un drago, una principessa. Il pinguino del labirinto di Pengo (1982), che spinge blocchi di ghiaccio contro gli Sno-Bee, le creature nemiche, e il buffo uovo arancione e peloso, dal naso a forma di tubo, di Q*bert (1982), le cui geometrie strizzano l’occhio a Escher. I puffi di Smurf: Rescue in Gargamel’s Castle (1982), impreziosito dalle musiche di sottofondo estratte da opere di Beethoven e Joseph Brackett.

Tra cinema e letteratura
Tanti i videogiochi di quegli anni ispirati a pellicole e libri famosi: Robotron 2084 (1982) prende le mosse dal capolavoro distopico (1984) di George Orwell; Donkey Kong (1981), nel quale il gorilla che deve vedersela con il carpentiere Jumpman (sarebbe diventato Super Mario), lanciandogli contro barili dal palazzo su cui s’è arrampicato, è una parodia di King Kong; Tron (1982), E. T. the ExtraTerrestrial (1982) e Star Wars (1983) fanno il verso ai fim omonimi.

Il videogame ispirato al simpatico alieno di Steven Spielberg, che pur aveva venduto inizialmente molto, si sarebbe rivelato, per il settore, uno dei flop commerciali più clamorosi di tutti i tempi. Oltre due milioni e mezzo – ma forse un milione in più – le cartucce alla fine invendute; sepolte di nascosto chissà dove, si è pensato in tanti anni, ne sono state ritrovate in abbondanza, due settimane fa, in una discarica di Alamogordo (New Mexico). 

Il seguito alla prossima puntata. 

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