Della Polonia non si è ancora abituato al freddo rigido dell’inverno, alla neve fino a maggio e alla lingua, dalla pronuncia difficile. Per il resto, Alessandro Vanzi (il primo a sinistra nella foto) non ha nessun motivo di rientrare in Italia, se non per farci le vacanze. Nato a Torino 31 anni fa, una laurea in Scienze politiche, si trasferisce a Varsavia nel 2007. “Prima di partire lavoravo per un’azienda torinese nel settore aerospaziale, mi occupavo soprattutto di marketing e gestione dei fondi europei. Ho chiesto l’aspettativa di un anno per andare all’estero, non me l’hanno data, io però me ne sono andato lo stesso”.

Alessandro fiuta in Polonia un vento di cambiamento che deve essere sfruttato. Così è stato e oggi può dire a se stesso di non avere rimorsi, né rimpianti. Nel giro di tre anni costruisce un ponte tra lo Stato polacco e il suo Paese e diventa il punto di riferimento degli emigrati italiani. In un primo momento, con l’aiuto di connazionali, fonda l’Associazione culturale italiani in Polonia, che organizza eventi culturali, cene e aperitivi secondo la nostra tradizione.

Intanto, si sposa con Dorota, polacca, insegnante di italiano all’Università di Varsavia. Insieme a lei, nel 2010, inaugura Gazzetta Italia, giornale bilingue, un’edizione online e una cartacea (mensile), distribuita gratuitamente fino a giugno dell’anno scorso e oggi in vendita nelle edicole e in alcune librerie. Con dei soci, un anno più tardi, apre un’azienda di comunicazione (“Comunicazione Polska”), editrice oltre che di Gazzetta Italia, di Polonia oggi, una rassegna stampa online dedicata agli imprenditori italiani (dieci pezzi al giorno, dal lunedì al venerdì, su economia, politica e novità fiscali), e dell’Annuario delle aziende italiane che hanno delocalizzato là.

“Sono duemila e aumentano ogni anno – racconta Alessandro -. Sono concentrate a Varsavia, Katowice, Tychy, dove c’è anche la Fiat, e Lodz. A parte il settore automobilistico, va forte anche quello della produzione alimentare, carne e dolci in testa, e delle costruzioni: la seconda linea della metropolitana di Varsavia è in mano a una ditta italiana, così come la ristrutturazione dell’aeroporto di Cracovia e alcuni tratti autostradali”. “Faccio anche da ufficio stampa per diverse imprese –aggiunge – e per la Camera di Commercio italiana, di cui sono consigliere”. Tutto questo dopo avere passato il primo anno a lavorare per una multinazionale ed essersi messo in proprio subito dopo offrendo consulenze per la gestione dei fondi europei. “La Polonia è entrata nell’Unione europea solo nel 2004 e d’un colpo ha ricevuto una serie di finanziamenti comunitari da investire. Ora però mi limito a seguire il Programma Leonardo e basta”.

L’economia polacca è la più dinamica dell’Ue a 28. Dal 2004 al 2007 il Pil polacco viaggia sul 5,5 per cento, mentre il resto degli Stati membri si ferma a una media del 2,8. Anche la previsione di quest’anno è migliore della nostra: “Crisi da loro vuol dire crescere al ritmo del 1,5 per cento”, precisa. L’importante, però, è non illudersi: “Non pensate di fare come a Londra, cioè di venire qui sperando di mantenervi con un lavoro umile, tipo barista, commesso, o un impiego pubblico: lo stipendio è di circa 700 euro al mese, ancora basso. È vero, la vita costa di meno, un carrello al supermercato lo riempi con 80 euro, ma un appartamento di 50 metri quadri in centro costa 500 euro e una stanza singola 250”. Al contrario, “se decidi di aprire un’impresa, puoi fare grandi affari”. Gli imprenditori stranieri infatti possono usufruire di “zone economiche speciali”: “Se l’azienda assume un certo numero di dipendenti polacchi – spiega Alessandro – ha uno sconto del 70 per cento sui contributi fiscali”.

In generale, la bassa tassazione, del 19 per cento, fa gola. Un altro vantaggio è che sul web puoi aprire un’azienda nel tempo di un giorno. E la corruzione non fa più paura. “Negli ultimi anni nelle istituzioni pubbliche c’è stato un ricambio di personale. I politici sono puniti anche per sciocchezze e sono obbligati a dichiarare tutte le entrate e le spese”. Per difendere la trasparenza nel 2006 è stata istituita l’agenzia nazionale anticorruzione. “Non si dà più la mancia al poliziotto. Si teme di essere pizzicati e la mentalità è cambiata”.

Vista da loro l’Italia è ancora un Paese attraente. “Ci apprezzano – commenta Alessandro -. Siamo al quarto posto tra i partner, dopo tedeschi, russi e ucraini. Ai polacchi piace il made in Italy, la nostra musica, l’enogastronomia, il design e la moda. Lo stereotipo dell’italiano che viene qui per incontrare donne è quasi scomparso. Però immaginatevi cosa pensavano quando è uscito che Berlusconi faceva il bunga bunga”. Il problema con gli italiani è un altro: “Di noi si fidano, anche se a volte le aziende italiane ritardano coi pagamenti. Qui al massimo si paga una settimana dopo. In più, il recupero crediti è veloce: se non paghi le tasse e i contributi previdenziali ti bloccano il conto corrente e scatta il prelievo forzato”.

Scordatevi della Polonia sotto la Guerra fredda. A Varsavia dopo il crollo del muro di Berlino si respira aria internazionale. “Sempre più studenti scelgono di fare l’Erasmus qui. Molti fanno il tirocinio nella mia redazione”. I giovani parlano correttamente inglese, “solo gli over 60, oltre al polacco, parlano il russo. Se sono negozianti, sembra che i clienti li infastidiscano: una volta infatti erano stipendiati dallo Stato e non importava quanto vendevano, quindi erano incentivati a fare il minimo”. Il trasporto pubblico funziona che è una meraviglia (“i treni sono puliti, nuovi e puntuali”). La sanità invece è meglio se privata: “Le strutture private non hanno costi proibitivi come in Italia: con cento euro al mese hai una copertura totale. E parlano anche in inglese”.

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