“L’ingegno è vedere possibilità dove gli altri non ne vedono”. Fedele al motto del suo fondatore, Saipem sembra aver trovato il modo di mettere a posto i propri conti: “assumere all’estero, far lavorare gli stranieri in Italia nei propri stabilimenti e poi, una volta svuotati di rappresentanza, trasferirli in paesi con pressioni fiscali favorevoli”. E’ quanto denunciano i lavoratori dello storico sito di Cortemaggiore (Piacenza), quello da cui nel ‘49 era partita la sfida di Enrico Mattei alle “Sette sorelle”, cioè le compagnie petrolifere che fino ad allora controllavano il mercato internazionale.

“Il lavoro c’è ma non per gli italiani, anche se gli costiamo meno. Perché?” hanno detto i lavoratori che si sono presentati in consiglio comunale, al sindaco Gabriele Girometta. Invitati dal consigliere della lista civica “Una vera Cortemaggiore”, Federico Ferri, i dipendenti Saipem hanno denunciato una situazione che dicono insostenibile: “Non è un sistema legale, fate arrivare qualche controllo. Da due anni a questa parte – ha raccontato uno di loro – sono stati avviati tagli sui trasfertisti italiani. Però assumono gli stranieri, rumeni e croati. Li fanno arrivare, con visti turistici. Gli danno vitto e alloggio in case e alberghi e a noi propongono contratti sempre più brevi, fino al mancato rinnovo”.

Il sindaco, sollecitato dal consigliere Ferri, ha assicurato che “chiederemo alla Provincia di aprire un tavolo di confronto, anche con i sindacati, ma non vogliamo arrivare allo scontro, che non ha mai aiutato in questi casi”. La rabbia dei lavoratori, 14 interinali (più altri 14 che entreranno in servizio a breve), è esplosa dopo le voci circolate nei mesi scorsi, che parlavano di chiusura del centro di ricerca per tecnologie di saldatura nel Piacentino e conseguente spostamento in Croazia, dove la controllata del “cane a sei zampe” si è insediata dal 2002 e firmato recentemente un accordo con l’Università di Rijeka di collaborazione e sviluppo di attività di ricerca scientifica nel campo delle tecnologie energetiche. 

A chiedere spiegazioni sulla possibile chiusura erano stati per primi i sindacati: “Vogliamo andare a fondo nella questione – aveva detto Floriano Zorzella della Cgil -, l’azienda rassicura i dipendenti ma crea ulteriori elementi di incertezza, perché sarebbe stata l’azienda stessa ad aver fatto trapelare questa notizia. Chiederemo al più presto un confronto e un’assemblea per avere risposte ”. Ma parlando con i dipendenti la versione cambia: “Vogliono sostituire gli italiani con gli stranieri, anche se gli costano di più. Forse perché poi sarà più facile chiudere senza nessuno che si lamenti” spiegano. E il metodo sarebbe noto, come aggiunge un altro: “Li assumono tramite la Gps (Global petroproject services, ndr) che è sempre del Gruppo Eni ma ha sede in Svizzera. Oppure tramite la croata Saipem Mediterranean services e un’altra ditta locale, con sede legale a Fiorenzuola ma con cantieri attivi nell’est Europa. A loro fanno contratti di sei mesi e poi un anno, a noi da tre mesi, via via scalando. Persino di due settimane prima di lasciarti a casa”. Basta scorgere la bacheca che contiene i cartellini che vengono timbrati a inizio turno, e i nomi di italiani sono sempre meno. “Ci avevano promesso il rinnovo fino a ottobre e invece, dopo il loro arrivo, hanno lasciato a casa altri due ragazzi italiani – dicono – e quando abbiamo chiesto spiegazioni ci hanno risposto: non hai una moglie rumena o croata? Sarebbe più facile tenerti”.

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