Di ora in ora, cresce il coro dei moniti dell’Occidente alla Russia: “Guai!” se, domani, il referendum in Crimea si farà – e si farà, se sancirà l’aspirazione all’indipendenza della penisola – e sarà così – e se Mosca avallerà il risultato -ed è inevitabile. È, apparentemente, un muro contro muro. Oppure, è un gioco delle parti.

Vediamo. Dicono gli Usa alla Russia, dopo l’ultimo infruttuoso incontro di ieri tra il segretario di Stato Kerry e il ministro degli esteri Lavrov: se i russi entrano in Crimea, vi saranno conseguenze serie, quasi un’avvisaglia di scontro; se il referendum porta all’indipendenza della Crimea, vi saranno altre sanzioni; e Usa, Ue, G7 non riconosceranno i risultati della consultazione, illegittima.

Invece, dice Putin a Obama: il referendum è conforme alla Carta dell’Onu e, dunque, al diritto internazionale e ne rispetteremo l’esito. E se ci colpirete con sanzioni, risponderemo in modo “asimmetrico”.

Per quel che contano, ci sono pure le voci dell’Ucraina e della Crimea. Kiev sostiene che la Russia, che schiera lungo il confine 8.500 soldati e si arroga il diritto a difendere i russi d’Ucraina, “è pronta a invaderci” e allestisce una Guardia Nazionale di 60 mila uomini.

Simferopoli vuole che l’esito del referendum sia accettato dall’Ucraina come dalla comunità internazionale e si dice, in caso contrario, “pronta a tutto”. Intanto, il parlamento della Crimea ha già proclamato l’indipendenza e la Duma varerà il 21 marzo una legge che consente annessioni via referendum: già che ci siamo, potrà venire buona anche per Abkhazia ed Ossezia.

C’è di che avallare l’impressione che siamo alla vigilia d’una resa dei conti. Ma, probabilmente, non è così: dopo il referendum, l’Occidente potrà non riconoscere che la Crimea si sia sottratta all’influenza ucraina e sia passata sotto quella russa, ma non potrà ignorare l’evidenza. Del resto, mancano strumenti per indurre i protagonisti della vicenda a tornare sui loro passi. Obama predica una “soluzione diplomatica”; e la Merkel esclude una soluzione militare; il cinese Xi accomoda i linguaggi a seconda che parli con Obama o con Putin.

Le sanzioni economiche, finanziarie, diplomatiche possono infastidire la Russia, ma Mosca ha in mano l’arma energetica che preoccupa l’Unione europea, dipendente in larga misura dal suo gas, specie Germania e Italia. E, dunque, come andrà a finire? Un’ipotesi è che la Crimea resti uno dei punti sulla carta del Mondo dove diritto internazionale e “real politik” non hanno – ancora? – trovato un punto d’intesa. Non sono mica pochi, se ci pensante bene: intorno a noi i Territori Occupati, Cipro Nord, il Kossovo, l’Abkhazia e l’Ossezia.

Sempre che tutto s’arresti alla Crimea. L’accordo di associazione dell’Ucraina all’Ue, che sarà firmato il 21 marzo, al Vertice europeo, potrebbe rappresentare un solido paletto.

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