In qualche modo dovevano pure pagare quella ragazza che aveva lavorato per la campagna elettorale del candidato sindaco: così hanno redatto un contratto di collaborazione con una causale falsa. E a pagare sono sempre i cittadini. Sulla vicenda dei rimborsi pubblici usati con disinvoltura dai consiglieri regionali ecco spuntare un altro caso. Si tratta di una collaborazione occasionale stipulata nel 2011 da una ragazza con il gruppo regionale Lega Nord in Emilia Romagna, per lavorare alla corsa a primo cittadino di Bologna del leghista Manes Bernardini. Chiara (nome di fantasia ndr), nei palazzi di viale Aldo Moro non ha mai messo piede, di questo è sicura. Il suo incarico quando entrò a far parte dello staff del consigliere regionale leghista, che corse per la poltrona più alta di Palazzo d’Accursio per tutto il centrodestra, era riferito esclusivamente alle elezioni. “Io lavoravo alla sede del candidato in via Nazario Sauro – spiega a ilfattoquotidiano.it – mi occupavo di accogliere chi veniva in ufficio per chiedere informazioni sul programma elettorale, di inviare i comunicati stampa relativi alla campagna e, fondamentalmente, di tenere aperta la sede”.

Eppure non fu la Lega Nord federale, cioè la sede centrale di Milano, a pagare quella collaborazione da 1.875 euro lordi. Fu invece il gruppo regionale del Carroccio a farlo, ricorrendo ai fondi messi a disposizione dei partiti che vengono eletti in Consiglio. Chiara infatti, due settimane dopo la fine della campagna elettorale (che vide la vittoria dell’attuale sindaco Pd Virginio Merola), firma un contratto della durata di “venti giorni lavorativi – si legge sul documento – da rendersi nel periodo compreso dal 1 giugno 2011 al 30 settembre 2011”. Ed ecco la stranezza: la causale del contratto recita che “il prestatore svolgerà opera di consulenza sul social housing relativa al progetto di legge n. 1348, “Disciplina della partecipazione della Regione Emilia Romagna ai fondi immobiliari chiusi per il sostegno all’edilizia residenziale sociale”, con relativi emendamenti da presentare in commissione assembleare”.

Ma la donna in Regione non c’è mai stata e di social housing non si è mai occupata. Eppure, ben sapendo che non si poteva addebitare alla Regione una causale “campagna elettorale comunali”, il gruppo della Lega si inventa un lavoro che non ha mai svolto, per poterla pagare col “bancomat” dei rimborsi regionali invece che coi fondi di partito. “Sapevo che quello non era un contratto reale, era una sorta di scrittura privata tra me, la Regione e Manes Bernardini, per pagarmi lo stipendio”, spiega. “Credevo fosse una sorta di prassi, che così facessero tutti. Ho capito invece che c’era qualcosa di strano solo quando è scoppiato il caso delle spese dei gruppi consiliari”.

Già la Corte dei Conti nella comunicazione inviata al presidente della Regione Emilia Romagna Vasco Errani lo scorso 12 giugno, aveva ritenuto “rimborsabili” solo le voci di spesa che dimostrano “un diretto collegamento con l’attività del gruppo o con quella dei consiglieri facenti parte di ciascun gruppo assembleare, essendo, inoltre, necessario che la spesa non sia riconducibile ad un’attività politica del partito di riferimento”. Eppure, sottolinea ancora Chiara, nonostante la dicitura riportata sul contratto “io per la Regione non ho mai lavorato”. Tanto che “quando è arrivato il contratto di collaborazione con il timbro della Regione Emilia Romagna mi è sembrato molto strano, sebbene comparisse anche il nome Lega Nord”.

Il contratto in questione è già finito da tempo sotto la lente della magistratura che nell’autunno 2012 aveva sequestrato tutta la contabilità dei gruppi regionali. Da una parte la procura della Repubblica con le inchieste delle pm Morena Plazzi e Antonella Scandellari, coordinate dal procuratore capo Roberto Alfonso e dell’aggiunto Valter Giovannini. Tra gli indagati della maxi inchiesta c’è anche Mauro Manfredini, in qualità di capogruppo della Lega, lo stesso che firmò il contratto di Chiara. Dall’altra c’è l’inchiesta sui gruppi portata avanti dalla Corte dei conti e coordinata dal procuratore Salvatore Pilato. Manfredini, contattato da ilfattoquotidino.it si è limitato a un no comment. Manes Bernardini invece aveva detto: “Chiedete al capogruppo Manfredini“.

di Annalisa Dall’Oca e David Marceddu

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