Bollicine e zibellini, tende uso vip allestite sul lago ghiacciato di Saint Moritz per assistere alla corsa di cavalli e di umani sugli sci trascinati dai cavalli. Vagano anche improbabili creature che sembrano uscite dal fantasmagorico film Narnia con acconciature in testa con corna di cervo. Appollaiati sui gattoni delle nevi la platea più plebea, l’equivalente della curva B al derby Milan-Inter.

Bulgari chiude la stagione ad alta quota e si fa aprire le porte dello chalet della nobildonna olandese Ester Velo van Hulst. Elegante e longilinea, dalle manieri impeccabili apprese alla stessa “finishing school” di Lady D, l’Institut Alpin Videmanette di Rougemont in Svizzera, che ora ha serrato i battenti (e teniamoci adesso le sciure zoticone! Che fanno a gara nel dire: “Il mio pelo è più pregiato del tuo”. Di visone naturalmente!). Sfila nei saloni di Ester la Grande Noblesse mitteleuropea. Un garage trasformato in sala da pranzo stile jardin d’hiver per servire medaglioni in crosta e risottini tartufati. Toh, chi l’aveva riconosciuta Naomi Watts, molto antidiva, prima di volare alla “Bulgari Decades of Glamour”, evento in salsa di Oscar. Cosa accomuna Ester alla Watts? La prima ha studiato con Lady D, la seconda ha studiato per interpretare Lady D sul grande schermo. Il dopo Ester: la mattina sulla pista ghiacciata del Cresta Run, club molto snob di origine molto british, lord e subordinati a caccia di brividi si buttano su slittini a testa in giù. Per una medaglia di latta rischiano onore e osso del collo.

Intanto al derby Saint Moritz-Gstaad, enclavi su versanti opposti, vince chi ha il miliardo più lungo. La battuta è di CdB, ma se dico il suo nome faccio la fine dei cervi della foresta: impallinata.

Generalità: Giovanna Frisardi, talentuosa fotografa e figlia di cotanto padre, Fabrizio, il Norman Foster cantonale nato a Roma. Gli chalet più belli: da quello di Ernesto Bertarelli a quello di Roman Polanski (che va ancora pazzo per la sua amatriciana) li ha realizzati lui. Giovanna ha avuto una genialata anti-digital (una volta tanto ce vo’) e dopo tentativi su tentativi, giorno e notte in camera oscura, alle prese con acidi rivelatori e sali d’argento (i “nonni” degli attuali pixel che compongono l’immagine in digitale) alla fine ce l’ha fatta. È riuscita a stampare paesaggi ed effige in rilievo su legno (materiale vivo dal quale si ricava la carta, supporto tradizionale su cui stampare) che si ispirano ai trecenteschi trittici su tavola. Il risultato sono grandi pannelli dall’effetto un po’ retrò.

Il padre architetto ha, invece, trasferito il prezioso know how degli artigiani veneti in Svizzera, nel paese dello scudo crociato (lì sanno fare solo gli orologi a cucù). Nell’industrioso Nord Est le falegnamerie di tre-quattro generazioni rischiavano di chiudere bottega. Adesso, alla corte di Fabrizio si sono messe a scolpire il legno come fosse marmo. Il risultato è sorprendente: torchons, capitelli corinzi, colonne romaniche, tutto in vecchia boiserie. Visto che a Cortina non si batte chiodo…
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