Stop alla web tax, se ne riparlerà nella sua sede naturale: l’Unione europea. E’ questa la decisione assunta dal Governo all’esito del Consiglio dei Ministri di oggi.

Una decisione saggia e necessaria che ha scongiurato il rischio che l’Unione europea avviasse un’ennesima procedura di infrazione contro il nostro Paese e che, da domani, migliaia di imprenditori italiani si trovassero ad un bivio: violare la legge e continuare a comprare pubblicità da Google e soci o ridisegnare radicalmente le proprie pianificazioni pubblicitarie.

La scelta del Governo ha posto così fine ad una vicenda che aveva ormai assunto toni rocamboleschi e trasformato una questione seria e delicata come la fiscalità nei mercati digitali in un match tra contrapposte tifoserie, giocato all’insegna dell’approssimazione e dell’improvvisazione.

La webtax, creatura normativa dell’On. Francesco Boccia, Presidente della Commissione Bilancio della Camera dei Deputati, va in archivio ed è destinata a passare alla storia come una delle poche leggi italiane – se non l’unica – stoppata ed abrogata da due decreti legge di due Governi diversi prima ancora di entrare in vigore.

E’, però, una vicenda senza né vinti, né vincitori ma con tanti sconfitti eccellenti nelle fila delle istituzioni per aver lasciato che pressioni e impuntature politiche dettassero l’agenda del Parlamento e di due governi, imponendo al secondo – non ancora neppure a pieni ranghi – un intervento in extremis per evitare il peggio.

Magari, però, questa storia insegnerà a tutti che l’economia digitale è un argomento da maneggiare con cautela e che le leggi – quelle dello Stato – non sono lo strumento da utilizzare per sollevare un problema da affrontare in Europa.

A questo punto non resta che augurarsi che si faccia tutti tesoro di quanto accaduto e che nei prossimi mesi il tema delle modalità e dinamiche di tassazione dei servizi venduti online venga studiato, approfondito e discusso in seno alle istituzioni europee alla ricerca di una soluzione condivisa che non sia “contro” nessuno ma che risponda all’interesse di tutti a trasformare il digitale in un’occasione di crescita sociale ed economica.

Per ora – anche se sarebbe stato grave il contrario – il nuovo governo ha dimostrato sensibilità e grande attenzione ai temi del web ed ha, soprattutto, dato prova di voler procedere con prudenza e nelle sedi opportune quando si tratta, come in questo caso, di affrontare questioni transnazionali nelle quali il nostro Paese è solo uno dei tanti soggetti interessati.

Articolo Precedente

Crisi: sicuri che quelli passati fossero davvero ‘bei tempi’?

next
Articolo Successivo

Ferrovie: chi paga davvero i nuovi investimenti?

next