“Sono persone, uomini e donne, che in molti casi non avrebbero voluto manifestare, che vivono questo ruolo con disagio. Ma che non hanno dubbi: questo sistema è contro di loro e lo vogliono cambiare”. Angela Azzaro osserva il movimento dei Forconi, e non solo, e dedica loro un saggio-reportage di stringente attualità: Nuove tecniche di rivolta (Fandango). Ex caporedattrice a Liberazione, ora vicedirettrice del settimanale Gli Altri, Azzaro ha girato l’Italia, nel corso del 2012, per incontrare e raccontare i protagonisti di forme anche estreme di dissenso: pastori, agricoltori, imprenditori, camionisti che per la prima volta sono scesi in piazza mettendo in discussione la divisione tra destra e sinistra, chiedendo diritti e contestando la dittatura della finanza e delle banche, ricorrendo a nuovi strumenti di lotta come flash-mob, sit- in, blocchi stradali, assalti ai tetti e alle gru.

E oggi non è sorpresa nel vedere quello che sta succedendo nelle strade e nelle piazze d’Italia. “Sono i ceti produttori depauperati dalla crisi che la politica ha finora ignorato. La loro reazione era ampiamente prevedibile”. Ma lo era anche la svolta destrorsa che sembra aver imboccato il movimento? “Non credo che il movimento si eterodiretto, anzi, già in precedenza erano stati rintuzzati i tentativi di Forza Nuova di mettere il cappello sulla rivolta dei cosiddetti forconi” dice Azzaro. “Anche se è vero che esiste nuovamente il tentativo da parte di alcune realtà di impossessarsi di questa protesta. Comunque, se intravedo un pericolo, è quello di una chiusura identitaria nazionalista del movimento che può avere una deriva anti immigrati in nome di quel ‘popolo sovrano’ cui fa costantemente riferimento”.

Per l’autrice di Nuove tecniche di rivolta è comunque sbagliato ascrivere le proteste di questi giorni al solo movimento dei Forconi. In piazza ci sono cittadini di diverse organizzazioni, dai pastori sardi ai piccoli imprenditori alle partite Iva, uniti dalla comune convinzione di avere tutto e tutti contro e di non poter salvarsi se non cambiando lo stato presente delle cose, come ha detto qualcuno qualche tempo fa. “Non è tanto una questione di diritti” scrive Azzaro. “C’è qualcosa di più profondo, di più grave. Molti di loro non si battono per vedere migliorata la propria condizione di vita, per vedere garantito il futuro ai loro figli. Si battono, ancor prima, per vivere. Non è più una questione che riguarda lo status quo garantito dal vecchio welfare che, prima la sinistra filo liberista, poi la destra berlusconiana e montiana hanno distrutto. Si occupa, si bloccano le strade, si fanno i flash mob per non venire travolti del tutto”.

In questa lettura ci stanno, dunque, anche gli studenti scesi in piazza accanto a camionisti, agricoltori, imprenditori (“difendono la scuola pubblica perché altrimenti restano letteralmente senza scuola”) e gli operai che si rivolgono al giudice “per vedere garantiti, ancor prima che i diritti legati al lavoro, il diritto di esistere e di esprimersi. Il diritto a non essere schiavi del padrone Marchionne”. Anche se, a dire il vero, oggi nelle piazze quelli che si fanno notare e sentire di più sono altri: imprenditori con la Jaguar come Danilo Calvani, leader del Coordinamento 9 dicembre, o con qualche pregiudizio come Andrea Zunino, il portavoce dei Forconi assurto agli onori delle cronache per aver affermato: “Vogliamo la sovranità dell’Italia, oggi schiava dei banchieri come i Rotschild: è curioso che 5 o 6 tra i più ricchi del mondo sono ebrei, ma è una cosa che devo approfondire”.

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