Il valzer delle nomine alla Regione Lazio. Un braccio di ferro, interno alla Pisana e alla maggioranza di centrosinistra, per conquistare la poltrona di dirigente e per completare lo scacchiere dei vertici. Soprattutto tra i fedelissimi dell’area Zingaretti, che, dopo le polemiche dei mesi scorsi, si trova ancora una volta a fare i conti con le critiche delle opposizioni sui nuovi incarichi regionali. Non solo: adesso c’è un ricorso al Tar del sindacato di categoria. Perché c’è chi ha seguito l’attuale governatore dalla Provincia di Roma e chi resiste. Nella prima fascia spicca Antonio Calicchia. In pensione dal 2012, ora diventerà segretario generale: 120mila euro di “trattamento economico” più “un’indennità di risultato” da 30mila euro. Alla figura di segretario generale era stato messo un tetto a giugno, con l’articolo 20 della legge regionale numero 4.

La nomina è arrivata il 30 ottobre scorso, con la delibera dell’ufficio di presidenza, presieduto da Daniele Leodori (Pd). Per Calicchia laurea in giurisprudenza e una carriera negli uffici provinciali, dove entra nel 2004 come capo di gabinetto dell’allora presidente Enrico Gasbarra (ex Margherita, oggi deputato democratico). Nel 2008, con l’elezione di Nicola Zingaretti, la nuova carica: direttore generale fino all’anno scorso. Seguono pensione e, a marzo, la deliberazione 14, che gli assicura lo stesso ruolo con il presidente del Consiglio. Leodori infatti firma il decreto 23/X che garantisce il salto a segretario generale della Pisana. Dove è in forza anche la moglie di Calicchia, Simonetta Ruina (che proviene dalla municipalizzata dei rifiuti Ama).

In precedenza, segretari con funzioni vicarie erano stati Vincenzo Ialongo e Costantino Vespasiano. Il primo conquista la proroga di direttore del servizio tecnico strumentale e informatico. Una poltrona arrivata la prima volta a febbraio con la deliberazione 12, una delle ultime firmate dal pidiellino Mario Abbruzzese, numero uno di quell’ufficio di presidenza finito sotto accusa per le spese dei gruppi nell’era Polverini. Sei mesi fa, l’ingegnere Ialongo (che sul sito ha il curriculum con una sola pagina) ottiene il rinnovo grazie a Leodori e allo stesso Vespasiano. Anche la sua firma, infatti, compare sul provvedimento 39. L’atto 38, invece, è proprio per Vespasiano. Nel 2005, per l’avvocato 60enne che viene dal ministero dello Sport, parte l’esperienza regionale. Come Ialongo, 155mila euro lordi di busta paga. Da giugno, il suo compito è di dirigere il servizio giuridico. 

Stessi dubbi anche nel Direr. Il sindacato dei dirigenti aveva anche ottenuto un posto con Massimo Catenacci. Stavolta la determinazione è la 205 del 15 aprile, che vale una proroga dell’incarico di responsabile della struttura del difensore civico. Catenacci entra per la prima volta nei corridoi regionali all’inizio degli anni Ottanta, in mezzo la parentesi al Comune di Roma con il Giubileo. Altra battaglia sul fronte del Consiglio. Il braccio di ferro è per il vicecapo di gabinetto del presidente dell’aula. Su Paolo Bianchini la spunta Giacomo D’Amico, sponsorizzato da Calicchia.

Per D’Amico il posto da 100mila euro lordi l’anno; a Bianchini, sostenuto dal senatore del Pd Bruno Astorre (membro dell’ufficio di presidenza nella scorsa consiliatura), c’è posto nella segreteria di Leodori. La Direr contesta le nomine, le definisce “inopportune” e “costose”. Le organizzazioni sindacali scrivono ai vertici della Regione, perché “la posizione dell’amministrazione risulta lesiva della dignità del personale dipendente”. Non basta. E presentano un esposto al Tar. Per il consigliere Fabrizio Santori (La Destra) “finalmente la nominopoli del presidente Zingaretti arriva all’attenzione della magistratura, per quello che può essere definito un vero e proprio poltronificio”.

“Merito e trasparenza” prometteva in campagna elettorale il governatore, proprio quelle carattaristiche che mancano oggi secondo Adriano Palozzi. Per l’esponente di Forza Italia “si chiude il cerchio su una smania che costa milioni di euro”. La scelta dei 22 nomi presi da fuori del bacino dell’ente, “è un investimento per valorizzare la pubblica amministrazione, fatto secondo legge e che rivendichiamo”, risponde in una nota la Regione. “La macchina ha avuto evidenti problemi in questi anni: per questo, oltre a 8 direzioni tagliate, abbiamo preso all’esterno le migliori professionalità”. Questa la spiegazione, gli incarichi sono serviti.

Aggiornato da redazione web alle 19.00 del 12 dicembre 2013 

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
Gentile direttore, nella giornata di ieri, giovedì 12 dicembre, sul sito del Fatto Quotidiano è apparso in homepage un articolo a firma Santo Iannò, dal titolo “Regione Lazio, Zingaretti sceglie il dg: era il ‘suo’ segretario generale in Provincia”, in cui sono state scritte cose che non corrispondono al vero. Per quanto riguarda in particolare quelle relative alla mia persona, ess e sono altresì altamente lesive della mia onorabilità. La frase più grave, messa in virgolettato (senza tuttavia che dall’articolo possa evincersi chi ne sia l’autore), riguardava l’asserita attenzione della Corte dei Conti nei miei confronti. Si tratta di un’accusa gravissima, assolutamente falsa, rivolta a chi, come il sottoscritto, è stato nominato Segretario generale vicario dopo il periodo ‘attenzionato’ dalla Corte. Inoltre, si tratta di un’ affermazione superficiale e irresponsabile, che oltretutto non tiene conto del fatto che proprio durante il mio incarico da Segretario i miei uffici hanno dato massima disponibilità e collaborazione agli investigatori che venivano in Consiglio per acquisire documenti. La ringrazio per aver fatto cancellare la frase in questione nella seconda versione dell’articolo, ma ciò non elimina il danno arrecatomi dalla prima versione, che è stata on line per tutta la giornata di ieri. Restano, infine, altre due inesattezze che potevano essere evitate se solo aveste fatto le opportune verifiche: 1) L’atto di nomina dell’ing. Ialongo doveva per forza recare in calce anche la mia firma, dal momento che ogni delibera dell’Ufficio di presidenza (che ha deciso la nomina) viene sottoposta a controfirma del Segretario generale; 2) La seconda e ultima inesattezza poteva essere evitata se solo il giornalista avesse letto il mio CV che è pubblicato sul sito del Consiglio regionale: “l’avvocato 60enne che viene dal ministero dello Sport”. Al riguardo le preciso che sono approdato al Consiglio regionale nel 2005, provenendo dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per i Rapporti con il Parlamento, dove ho vinto un concorso per dirigente pubblico nel 1999. Cordialmente. Costantino Vespasiano  

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