“Non abbiamo raccolto noi le informazioni sui cittadini europei ma questi dati erano forniti dai nostri partner europei“. E’ il capo della Nsa, Keith Alexander, a rimescolare nuovamente le carte nello scandalo del Datagate. Non solo: “I dati e le schermate dei computer trapelate sulla stampa mostrano che lo strumento della rete utilizzato nella gestione dei dati non è stato capito né da chi quei dati ha rubato, né da chi li ha pubblicati”. Ma fonti dell’intelligente italiana fanno sapere che non sono mai avvenuti scambi di informazioni. 

E sullo spionaggio Enrico Letta dovrà riferire al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica. Settimana prossima, infatti, il presidente del Consiglio sarà ascoltato in audizione al Copasir in merito alla rete di intercettazioni che la Nsa americana ha allestito anche nel nostro Paese. A sua volta, il premier ha convocato per giovedì 31 ottobre il Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica (Cisr). All’ordine del giorno, questioni inerenti alla sicurezza delle telecomunicazioni, alla luce del caso Datagate e delle rivelazioni sullo scorso G20. Le manovre della politica si sono fatte frenetiche dopo le ultime rivelazioni del sito Cryptome: nel giro di un solo mese, in Italia sono state controllate 46 milioni di telefonate. Sul caso è intervenuto anche Marco Minniti, sottosegretario con delega ai servizi segreti. “Garantisco sulla correttezza, lealtà e funzione positiva dell’intelligence italiana”, ha detto il sottosegretario. “Non abbiamo da nascondere le mani nella marmellata”.

A chiedere spiegazioni agli Usa è il ministro degli Esteri, Emma Bonino. “Mi auguro che le promesse di Obama di mettere mano e chiarire quanto successo avvengano in tempi rapidi”, ha spiegato la titolare della Farnesina. “Il datagate è in gestione dei servizi segreti e della Presidenza del Consiglio. Credo sia giusto chiedere chiarimenti e mi auguro che le promesse di Obama di mettere mano e chiarire quanto successo avvenga in tempi rapidi. E’ interesse nostro e mi permetto di dire nell’interesse degli amici americani”.

In attesa del premier, il Copasir ha sentito Gianpiero Massolo, direttore del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis). Secondo il presidente Giacomo Stucchi, Massolo “ha fornito risposte in più, a mio parere complete e puntuali, a chi aveva chiesto chiarezza” dopo le ultime indiscrezioni che hanno riguardato il coinvolgimento dell’Italia nel Datagate. “E’ stato ribadito – ha sottolineato il presidente del Copasir – che il nostro Paese non ha avuto alcun ruolo o collaborazione nel programma britannico di intercettazioni Tempora e che i nostri servizi non hanno mai partecipato a raccolte di dati sui cittadini italiani”. La vera questione, ha proseguito Stucchi, “è la raccolta di metadati che la Nsa può fare, secondo le leggi americane, nel traffico da e per gli Usa. Su questo il governo italiano ha fatto sentire la sua voce e crediamo continuerà a tenere alta la guardia”.

Davanti al Copasir aveva già parlato Marco Minniti, escludendo che “i servizi sapessero della raccolta dati degli Usa sulle comunicazioni italiane”. Cinque giorni dopo, il sottosegretario è tornato sul tema. “Abbiamo chiesto per tempo ai nostri alleati americani come stanno le cose ed abbiamo anche un’autonoma capacità di verifica di quello che ci viene detto”, ha spiegato durante la presentazione di Gnosis, la rivista dei servizi segreti. “L’intelligence non può essere una foresta in cui tutto è permesso e non è vero che il fine giustifica i mezzi: se i mezzi non sono corretti anche il fine viene inficiato”. Dal caso Datagate emergerebbe una “gigantesca questione del rapporto tra sicurezza e privacy, anche se io preferisco usare il termine libertà”. Per il sottosegretario, si tratta di “un problema che riguarda l’intelligence Usa ed il rapporto tra questo mondo e l’Europa”: “E’ un momento molto difficile per l’intelligence, senza precedenti”.

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