Cinema

Cinema d’essai in crisi tra calo di pubblico e sfida della riconversione digitale

"Non possono bastare i duemila euro annui di premio, mediamente elargiti alle sale di qualità, per permettere loro di affrontare le sempre più difficili sfide che le attendono. Serve - dice Mario Lorini, presidente della Fice - più attenzione istituzionale verso queste sale". La riconversione "comporterà costi e investimenti, che non tutti sono in grado di sostenere"

di Emanuele Salvato

I dati del 2013 non sono incoraggianti. Mario Lorini, presidente della Fice (Federazione Italiana Cinema d’Essai) non vuole ancora svelare numeri precisi, ma dalle sue parole è facile captare una buona dose di preoccupazione per quello che è lo stato di salute del cinema italiano di qualità e delle sale che lo proiettano: “Aspetto il convegno di mercoledì a Mantova (dove sono in programma gli Incontri del Cinema d’Essai dall’8 al 10 ottobre, il principale appuntamento professionale italiano dedicato al cinema di qualità, ndr) per fornire numeri precisi. Ma posso anticipare che, rispetto al 2012, i film d’essai registrano un calo di pubblico. Anche se contenuto e in linea con quello che è l’andamento generale del cinema in Italia”.

Rispetto al 2010, quando ci fu l’ultimo boom di presenze nei cinema grazie all’avvento del 3D, oggi si registra una diminuzione del 20% di spettatori. Calo generale, senza differenziazioni fra film di qualità e commerciali. A rimetterci e a soffrire per una situazione di mercato pressoché stagnante, non sono soltanto i produttori, gli attori, i registi. Ma anche i proprietari e gestori delle sale. E in questo contesto di sofferenza, i cinema d’essai soffrono un po’ di più.

In Italia, secondo i dati Cinetel, sono 793 le sale che nel 2012 hanno ricevuto i contributi statali perché proiettano film di qualità e rispettano i criteri imposti dal Ministero di avere in cartellone, per almeno due anni, film d’essai italiani ed europei, rispettivamente, per almeno il 70% e il 35% della programmazione. Veri e propri presidi sociali e culturali disseminati sul territorio italiano senza soluzione di continuità “in prima linea – spiega Lorini – per soddisfare l’esigenza di una diversità culturale nell’offerta cinematografica”. Un’offerta spesso sostenuta dal Ministero, che però, si dimentica di chiudere il cerchio: “Lo Stato – precisa il presidente della Fice – aiuta il cinema italiano di qualità, perché è quello che partecipa ai Festival e ‘fa vetrina’ per l’Italia. Un cinema che trova la propria collocazione ideale nelle sale d’essai. Basti pensare che film come The Artist, vincitore dell’Oscar, e Quasi Amici, in Italia hanno fatto oltre il 70% degli incassi nelle sale d’essai. Non sostenute allo stesso modo dal Ministero. Ovvio che non possono bastare i duemila euro annui di premio, mediamente elargiti alle sale di qualità, per permettere loro di affrontare le sempre più difficili sfide che le attendono. Serve più attenzione istituzionale verso queste sale”.

Oggi queste piccole, ma vitali, realtà devono lottare non solo contro le multisala – che, a sentire Lorini, non sono da “demonizzare” ma anche contro la pirateria, “Che in Italia non si prova nemmeno a combattere” sostiene Lorini. E ancora ci sono le pay tv, i dvd che escono a distanza sempre più ravvicinata dalla proiezione nelle sale. Senza dimenticare una discutibile logica di programmazione che concentra le uscite dei film di qualità in due mesi, settembre e ottobre, accorciando notevolmente la stagione. Ma la sfida più impegnativa, per le sale d’essai spesso gestite da appassionati e sognatori che poco hanno da condividere con i manager delle multisala, è quella della riconversione al digitale: “Si tratta – spiega Lorini – di una rivoluzione epocale. Entro il 31 dicembre, salvo slittamenti, sparirà la pellicola e ci sarà il passaggio definitivo al digitale per i film. Le sale dovranno dotarsi delle strumentazioni necessarie. Questo comporterà costi e investimenti, che non tutti sono in grado di sostenere. Si consideri che, a oggi, ha digitalizzato il 60% delle sale italiane e sono soprattutto multiplex, quelli che hanno più soldi da investire. Mente le piccole sale fanno più fatica. Difficile ipotizzare che in tre mesi il restante 40% dei cinema riesca ad acquistare proiettori digitali e completare il passaggio”. Probabile, quindi, che nei centri storici e nei paesini sperduti si spengano altre insegne luminose. Quelle dei piccoli cinema, che andranno ad aggiungersi alle 800 sale (20% d’essai) chiuse negli ultimi dieci anni.

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