Chiederà il voto al Congresso ma è pronto ad agire e a dare ordine per un attacco perché “migliaia di persone sono state uccise dal gas dal loro governo e questo atto è un assalto alla dignità umana e alla nostra sicurezza nazionale”. Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, in un’intervento alla Casa Bianca, ha ribadito l’intenzione degli Usa di rispondere militarmente alla crisi siriana con un attacco che potrebbe avvenire in “qualunque momento”. Inoltre, precisa, “la capacità per portare avanti la missione non dipende dal tempo, può essere domani, la prossima settimana o il prossimo mese”. Un intervento che ha avuto luogo con oltre 20 minuti di ritardo, perché prima Obama si è intrattenuto al telefono col presidente francese Francois Hollande, che appoggia la linea americana.

Quel che è certo è che l’intervento militare passerà anche dall’ok del Parlamento dopo il 9 settembre, alla ripresa dei lavori del parlamento americano, anche se i quattro rappresentanti di Camera e Senato si sono già detti d’accordo col presidente. Per domenica pomeriggio è previsto un briefing sulla crisi a tutti i membri del Congresso e lo speaker della Camera dei Rappresentanti Usa John Boehner ha detto che l’assemblea discuterà della possibile azione militare nella settimana che inizia il 9 settembre. La decisione di chiedere al Congresso l’autorizzazione è arrivata solo venerdì sera alle 19. Obama ne ha successivamente parlato durante una passeggiata nel giardino della Casa Bianca con il suo capo di gabinetto Denis McDonough. Quando il freno ai raid è stato portato in Consiglio per la Sicurezza Nazionale c’è stata una “accesa discussione” e i consiglieri presidenziali hanno messo in guardia il Commander in Chief dei rischi connessi alle consultazioni con un Congresso di scettici. A spingere Obama alla frenata non sarebbero state le richieste di esponenti di Capitol Hill ma il sondaggio della Nbc secondo cui il 79 percento degli americani voleva un voto del parlamento sull’intervento militare. 

Le sue parole, però, non smentiscono l’intenzione di accantonare l’ipotesi diplomatica con Damasco e confermano quanto dichiarato da Susan Rice, consigliere per la Sicurezza nazionale, che nel pomeriggio su Twitter scrive: “La questione è solo come punire Assad”. E anche il premier britannico David Cameron sostiene le dichiarazioni del presidente: “Comprendo e sostengo la posizione diBarack Obama sulla Siria”, ha scritto sul sito di microblogging. Obama nel suo discorso alla Casa Bianca ha definito la Gran Bretagna “il nostro alleato più stretto”. In ogni caso, fonti dell’amministrazione Usa, riferiscono che Obama discuterà della crisi siriana con i leader del G20 la prossima settimana a San Pietroburgo

In merito all’intervento militare l’Italia, però, si tira fuori. A ribadire la posizione già espressa dal ministro degli Esteri Emma Bonino è il premier Enrico Letta, che spiega: “Comprendiamo l’iniziativa di Stati Uniti e Francia, alla quale però, senza le Nazioni Unite, non possiamo partecipare”. E l’ok dell’Onu è sempre più lontano, visto il veto certo della Russia (che è membro permanente del Consiglio di sicurezza): Vladimir Putin ha definito “sciocchezze assolutele accuse di impiego di armi chimiche che John Kerry ha lanciato contro il regime di Assad. E ha aggiunto che il vertice del G20, in programma a San Pietroburgo la prossima settimana, può essere una “piattaforma” per discutere della crisi in Siria. Oggi, però, Rice insiste: “Non c’è dubbio che Damasco abbia usato i gas il 21 agosto”.

Le minacce dell’Iran – Tuttavia, in caso di attacco da parte degli Stati Uniti, l’Iran si è detto pronto a scendere in campo a fianco dell’alleato siriano. “Ci opporremo all’aggressione”, ha dichiarato il presidente della Commissione parlamentare per la sicurezza nazionale e la politica estera Alaeddin Boroujerdi, oggi in visita a Damasco. Una controreazione all’attacco – minaccia Teheran – che “incendierà” la regione e “l’entità sionista e l’Occidente” ne pagheranno “per primi” le conseguenze.  Il comandante Mohammed Ali Jafari aggiunge: “Gli Usa si illudono se pensano che le reazioni a un intervento militare siano limitate all’interno dei confini siriani”, preannunciando ritorsioni anche a distanza. Parole che confermano i timori esternati ieri da Emma Bonino, che aveva indicato proprio nell’alleanza con l’Iran un pericolo di “deflagrazione mondiale” di un eventuale operazione militare. Anche il ministro della Difesa Mario Mauro invita a considerare “i rischi collegati ad uno scenario che può essere devastante”.

La posizione dell’Onu – Il segretario generale Ban Ki Moon ha comunicato che per avere qualche certezza in più su quanto accaduto in Siria lo scorso 21 agosto ci vorrà ancora tempo. Forse anche due settimane, per la necessità di portare a termine i test scientifici sui campioni prelevati dagli ispettori nel corso della missione delle Nazioni Unite, completata sabato mattina. Una notizia – quella sui tempi lunghi dell’indagine – che certo non farà piacere a Barack Obama, che venerdì ha denunciato l’ “impotenza” dell’Onu e la “paralisi” degli organi internazionali. E contro l’interventismo degli Stati Uniti si schiera in maniera sempre più decisa la Russia (che nel Consiglio di sicurezza ha potere di veto, in qualità di membro permanente: 

Stati Uniti e Francia – I due Paesi pare non aspetteranno a lungo prima di prendere una decisione sul da farsi. Il segretario di Stato, John Kerry, ha dichiarato che l’America agirà “secondo i suoi tempi e i suoi interessi”. E anche Francois Hollande non ha escluso la posssibilità di raid nei prossimi giorni. In quest’ottica, proseguono le attività preparatorie da parte delle forze Usa: la Difesa ha fatto sapere che una sesta nave da guerra è operativa da ieri sera nel Mediterraneo orientale, accanto ai cinque cacciatorpedinieri armati con missili da crociera. Sul fronte interno, invece, oggi il governo riferirà della crisi siriana anche al Senato, dopo aver parlato ieri alla Camera.

L’Italia e l’intervento militare – Secondo il ministro della Difesa italiano, Mario Mauro, l’ipotesi di un intervento in Siria deve essere comunque considerato “una sorta di segnale alla dittatura di Assad e non una guerra vera e propria”. Intervento, a cui in ogni caso l’Italia non parteciperà se non su specifica indicazione delle Nazioni Unite, come spiegato da Enrico Letta. “Il regime di Assad possiede arsenali di armi chimiche, il cui uso è un crimine contro l’umanità. Comprendiamo l’iniziativa di Stati Uniti e Francia, alla quale però, senza le Nazioni Unite, non possiamo partecipare. La settimana prossima a San Pietroburgo faremo di tutto perchè si trovi una soluzione politica al dramma siriano, che ha già prodotto un numero intollerabile di vittime e di profughi”.

Anche Silvio Berlusconi è intervenuto sulla questione della crisi siriana, auspicando che l’Unione Europea possa trovare una soluzione insieme a Russia e Stati Uniti. ”La crisi siriana ha messo in luce l’assenza dell’Europa sulla scena internazionale. Ancora una volta l’Europa non ha una voce univoca e si muove in ordine sparso sulla base di logiche e interessi puramente nazionali. Auspico perciò che i governi europei si riuniscano al più presto per discutere e concordare una posizione univoca che scongiuri l’allargamento del conflitto, coinvolgendo gli Stati Uniti e la Russia nella ricerca di una soluzione politica”.

La difesa di Assad – Il regime di Damasco, intanto, si prepara ad eventuali sviluppi. La tv panaraba Al Arabiya riferisce che un attacco può avvenire “in ogni momento” a partire da ora, e che le forze siriane sono “preparate a rispondere”. E il regime rispedisce al mittente le accuse lanciati ieri da Kerry: “Ciò che l’amministrazione Usa definisce come prove inconfutabili altro non sono che leggende trite che i terroristi (i ribelli) stanno diffondendo da più di una settimane: sono falsità assolutamente inventate”, afferma un comunicato del ministero degli Esteri. Oggi una delegazione di tre importanti deputati iraniani, tra cui il presidente della Commissione parlamentare per la sicurezza nazionale e la politica estera Alaeddin Boroujerdi, farà visita al governo di Assad, per ribadirgli il proprio sostegno. “Ci opporremo ad ogni aggressione contro la Siria, questo è un principio fermo di Teheran“, ha detto il capo delegazione: un attacco contro Damasco “incendierà” la regione e “l’entità sionista e l’Occidente” ne pagheranno “per primi” le conseguenze. Anche l’ayatollah iraniano Kazem Saddiqui ha dichiarato che, se verrà scatenata una nuova guerra in Siria, gli Stati Uniti faranno montare un’ondata di “pubblico odio nel mondo musulmano per tutto il globo”. Dichiarazioni aggressive arrivano anche da Damasco: “Il nostro esercito è mobilitato e ha il dito sul grilletto”, afferma il primo ministro siriano Wael al-Halqi. “Siamo pronti ad affrontare tutte le sfide e tutti gli scenari”.

I ribelli, invece, oggi hanno annunciato l’uccisione del generale di brigata delle forze lealiste, Mohammed Aslan, indicato come il responsabile del massacro con presunte armi chimiche avvenuto il 21 agosto nella Ghouta. In un comunicato, l’Esercito siriano libero ha sottolineato che Aslan era il capo della sezione armi chimiche del comando della guardia repubblicana, corpo scelto dell’esercito di Damasco. E nella capitale oggi è esplosa un’autombomba nei pressi di una sede dell’intelligence siriana.

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