Ogni mattina, i bagnanti passano e staccano il cartello di sequestro. Ogni sera, gli uomini del Corpo forestale dello Stato tornano a rimetterlo. Per violazione dei sigilli, hanno già denunciato 10 persone. Poi, hanno deciso di desistere, di evitare la guerra, almeno per ora. Ci sarebbe da ridere, se non ci fosse da piangere, per quello che sta accadendo a Porto Miggiano, in provincia di Lecce. Perché questo è solo l’ultimo atto di una lunga storia che mette insieme abusivismo e tutela del territorio, impegno della magistratura e smarrimento delle istituzioni locali. Baie naturali, parchi pubblici, villaggi turistici, lidi, chioschi, discoteche. Sotto chiave c’è una buona fetta di luoghi che sono stati il simbolo delle estati in Terra d’Otranto finora. Certo, c’è chi è riuscito a fare in fretta, rimuovere gli scempi e provare a salvare il salvabile di una stagione ormai inoltrata. Anche perché il Salento resta la meta italiana preferita dai vacanzieri anche per questo agosto, come confermano gli studi di settore.

Porto Miggiano, località costiera del Comune di Santa Cesarea Terme, è solo un esempio. Una cala naturale da sogno trasformata in cava di tufo e spianate di cemento. Con soldi pubblici. Tre milioni di euro per consolidare un costone roccioso ferito, sulla sommità del quale, però, si è consentito di lottizzare e costruire resort di lusso e piscine. Tre milioni di euro che, per la Procura di Lecce, sono serviti a preparare il terreno anche per altro: piattaforme balneari, in barba a tutti i vincoli ambientali. Ora si indaga per lottizzazione abusiva e deturpamento di bellezze naturali. Qualche chilometro più a nord, nell’entroterra, a Cannole, da gennaio è sotto sequestro la Masseria Torcito. Fino allo scorso anno, in quella zona si sono tenute le rassegne musicali più partecipate, dai festival raggae ai concerti rock. Un parco da 230 ettari, di proprietà della Provincia di Lecce dove oggi c’è solo silenzio. Avrebbe dovuto essere oggetto di “valorizzazione delle potenzialità turistiche”. Altri 3,5 milioni di euro pubblici. Peccato che i lavori siano iniziati con lo sbancamento di una collina e l’inchiesta s’è fatta poi più complessa, fino a contestare anche la tentata truffa aggravata. Quattro gli avvisi di garanzia. Con nomi eccellenti: un dirigente della Provincia e amministratore e progettisti della “Intini source“, società del noto gruppo imprenditoriale barese che si è aggiudicata l’appalto (che rischia di perdere) per la gestione del bene per 18 anni.

Sul versante opposto del Salento, Porto Cesareo ha iniziato a fare i conti con il suo passato da perla nera dell’abusivismo in Italia. Per anni, s’è fatto finta di non vedere. Resort e stabilimenti hanno divorato interi cordoni dunali. Le case sono spuntate in ogni dove, senza allacci fognari. Da febbraio, i carabinieri della compagnia di Campi Salentina hanno posto sotto sequestro 27 strutture tra lidi e chioschi, spesso i più rinomati, realizzati in maniera non conforme alle autorizzazioni rilasciate o privi del benché minimo titolo edilizio. Un far west. Sono stati necessari maxi vertici in Procura e Prefettura per capire come fare. S’è dovuto abbattere, richiedere autorizzazioni e ridimensionare, per poter ripartire. Inaccessibile, invece, ancora, il megavillaggio cesarino “Riva degli angeli“, all’interno della Riserva marina. Per l’altro resort sotto chiave, da 50 milioni di euro e 236 appartamenti, a Punta Grossa, è appena arrivato un dissequestro temporaneo, fino a settembre. Da chiarire la posizione di 130 indagati, tra cui funzionari regionali, dell’Ufficio tecnico comunale e un ex sindaco.

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