Amministrative 2013, il Pd vince al Nord ma il partito non ha nessun merito
Attenzione. C’è poco da festeggiare, vista la crisi che da queste parti fa chiudere ogni giorno decine di aziende e perdere ogni ora posti di lavoro: e questa non è una bella notizia per l’economia. C’è poco da festeggiare anche perché per la prima volta la metà degli elettori è rimasta a casa: e questa non è una bella notizia per la democrazia. Comunque un fatto è certo: l’ultima tornata elettorale ha eletto sindaci del Partito democratico e fatto crollare i voti di Pdl e Lega.
Il Pd cerchi di non montarsi la testa: intanto perché a trionfare al Nord non è stato il partito, l’apparato, ma (come già a Milano e a Genova) gli “irregolari”, i candidati che hanno dimostrato un forte insediamento locale e zero rapporti con la nomenklatura romana: tutti renziani, in questa tornata, da Emilio Del Bono (Brescia) ad Achille Variati (Vicenza) a Giovanni Manildo (Treviso). I dirigenti del Pd farebbero bene a non montarsi la testa, infine, anche perché la vittoria dei candidati del loro partito è avvenuta anche grazie al calo dei votanti: soprattutto gli elettori del centrodestra, questa volta, non sono andati alle urne, evidentemente non convinti dai candidati berlusconiani e leghisti. Particolare peso ha avuto, in ogni caso, il crollo della Lega. La vittoria di Roberto Maroni in Lombardia è stata l’ultima. E già alle scorse regionali il Carroccio aveva raccattato in Lombardia meno del 13 per cento, contro il 26 abbondante del 2000.
Ora i nodi vengono tutti al pettine: gli scandali del Trota, i diamanti di Belsito, i litigi tra Umberto Bossi e Maroni in Lombardia, le baruffe tra Flavio Tosi e Luca Zaia in Veneto. Il crollo è impressionante. Nel 2010, il Carroccio era il primo partito in Veneto con dieci punti più del Pdl. A Verona aveva il 36%. A Vicenza il 38. A Treviso, addirittura il 48, il triplo del del Pdl. Oggi la Lega è franata al 4,5% a Vicenza, all’8,5 a Treviso.
La Padana è stata messa in soffitta, il sogno bossiano della secessione è crollato e ora evapora anche il programma maroniano della macroregione. Il Friuli-Venezia Giulia è stato conquistato da Debora Serracchiani (un’altra renziana del Partito democratico: che il Pd del Nord sia nato senza saperlo, sotto le bandiere di Matteo Renzi?). In Lombardia, la Lega è appesa alla presidenza Maroni. In Veneto è quasi azzerata. Non è solo il declino di una classe politica che, nata con il cappio in mano durante Mani pulite, è cresciuta occupando poltrone ed è finita travolta dagli scandali. È anche il risultato dell’incapacità dei dirigenti leghisti a dare risposte alla crisi che ha travolto i loro elettori nel Nord, i piccoli imprenditori, gli artigiani, i commercianti di una terra che fino a poco tempo fa produceva e macinava ricchezza.
Ora, delusi dalla politica, quegli elettori stanno a casa ad aspettare. La scommessa dei vincitori, i nuovi sindaci e amministratori di questo strano Pd che si è affermato alle ultime elezioni, è allora quella di convincere anche chi non li ha votati: senza promesse mirabolanti, ma con ricette concrete. I prossimi anni ci diranno se è nato un nuovo partito riformatore del Nord, oppure se, tramontata la Lega, si è tornati alla Dc.
@gbarbacetto
Il Fatto Quotidiano, 13 Giugno 2013