treno delle riforme, Emanuele Fucecchi“Razionalizzazione di 1425 posti di lavoro”, cioè licenziamenti, a fronte di 62,3 milioni di utili. Trasferimento in Turchia e Polonia delle “produzioni italiane non più sostenibili”. In queste impietose righe sull’azienda Merloni riportate oggi su il Fatto Quotidiano da Salvatore Cannavò, è il codice alfa della nostra crisi.

Ma è solo l’ultimo degli esempi. E’ un dramma macroeconomico, occidentale ma che noi italiani sappiamo vivere con il nostro speciale e odioso carico di diseguaglianza due punto zero. Che senso ha in una situazione del genere rimettersi a manovrare su defiscalizzazione per le imprese e sul cuneetto fiscale come vorrebbe fare scendi-Letta? Nessuna, se non paventare una nuova incuneata per chi lavora. Se non ci inventiamo qualcosa di diverso per incidere sui rapporti tra capitale e lavoro sarà tutto inutile. Ridistribuzione dei dividendi tra i lavoratori dell’azienda? Obbligo per le aziende di reinvestire? Divieto di dividere gli utili tra i soci in caso di licenziamenti? Lasciamo agli esperti lo studio di misure che abbiano il minimo comun denominatore di procedere verso la democrazia economica e magari la cogestione aziendale. E comunque scrivere in una legge nero su bianco che la “comunità” (non vogliamo usare la parola Stato?) può intervenire e regolare i rapporti tra impresa e lavoro per una parte decisamente più consistente. Senza dimenticare che questo tema la tanto citata Germania l’ha trattato e legiferato nel 1976. Si tratta di ridefinire la libertà di  impresa in termini nuovi, come alcune aziende più giovani, citiamo per pigrizia la nota Grom gelati, stanno facendo in modo spontaneo. E come del resto in modo confuso e contraddittorio il governo sta facendo sull’Ilva, commissariata malissimo dopo anni di complicità e tolleranze.

Non sono temi nuovi per chi studia il mondo del lavoro. Né ormai addolora neanche più che la sinistra di governo se ne sia dimenticata ad ogni passo, infilandoci in questa stercosa e infinita fine secolo. Sono cose che si possono iniziare a fare anche tramite un referendum come hanno fatto nella sorprendente Svizzera con il tetto allo stipendio dei manager. Decisioni che stanno tra noi e la speranza. Tra l’almanaccare dei 35 saggi (che finale felliniano!) e il fallimento. Molto improbabile che la politica se ne faccia carico, visto che il paradiso degli uni prospera sull’inferno degli altri.

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