Silvio Berlusconi, nel chiedere di spostare i suoi processi da Milano a Brescia, muove nei confronti dei giudici “un’accusa infamante, perché colpisce un presupposto o una precondizione irrinunciabili della professionalità e dell’onorabilità del giudice, quali il dovere di imparzialità e l’indipendenza di giudizio”. Lo mette nero su bianco la sesta sezione penale della Cassazione nello spiegare perché, lo scorso 6 maggio, ha bocciato la richiesta della difesa dell’ex premier di spostare i processi Ruby e Mediaset sui diritti tv da Milano a Brescia per legittimo sospetto. “L’eventuale probabilità di un turbamento della libertà valutativa e decisoria del giudice”, secondo gli alti magistrati,  è “fondata – come in tutti i casi descritti da Berlusconi – su mere illazioni o sulla generica adduzione, causalmente irrilevante, di timori o sospetti personali” dell’ex premier, “non espressi da fatti oggettivi e muniti di intrinseca capacità dimostrativa”. L’ordinanza è uscita peraltro nelle stesse ore in cui la Corte d’Appello di Milano ha reso noto le motivazioni della condanna a 4 anni nei confronti di Berlusconi per il processo Mediaset.

In particolare l’ordinanza, rispondendo ai rilievi della difesa di Berlusconi su “contesti deliberatamente persecutori o complottistici dell’intera autorità giudiziaria milanese”, fa presente che si tratta di un “assunto che, per palese assenza di una pur parcellare e seria dimostrazione fattuale e logica, si traduce in una sommaria e ingiusta accusa” ancora “più grave – scrive la Suprema Corte – per il ruolo pubblico e politico ricoperto dal richiedente, mosso in sostanza a tutti i magistrati degli uffici giudicanti milanesi che per avventura e loro malgrado si siano occupati o si stiano occupando delle numerose vicende giudiziarie del senatore Berlusconi”. Quanto ai pm “fanno il loro ‘mestiere’ e certo non può addursi a motivo di temibili intenti persecutori che si adoperino con tenacia e determinazione anche polemica e decisa ma mai esorbitante dalla normale dialettica processuale”, mentre le componenti del tribunale civile di Milano che hanno deciso sull’assegno mensile di separazione in favore di Veronica Lario sono state “superficialmente dileggiate”.

La richiesta dei legali del Cavaliere di spostare i due processi più delicati nei confronti dell’ex presidente del Consiglio è “ispirata da strumentali esigenze latamente dilatorie” scrivono i giudici motivando la bocciatura delle richieste fatte da Berlusconi il 6 maggio. Nel dettaglio “i singoli casi ‘anomali’ illustrati nell’istanza di rimessione” precisa che “non può non anteporsi il generale rilievo del carente o modesto spessore persuasivo e della fragilità argomentativa dei sintomi di ‘legittimo sospetto’ o, più esattamente, dei meri sospetti di parzialità coltivati dal senatore Berlusconi, nella strutturale assenza delle necessarie specifiche e gravi cause ambientali ‘legittimanti’ l’insorgere di questi sospetti”. Ecco perché la Cassazione ritiene che non sia “incongrua la considerazione che l’istanza rimessoria, piuttosto che da reali e profonde ragioni di giustizia, sia stata ispirata da strumentali esigenze latamente dilatorie”.

Infine il capitolo “uveite“.  Non era “oggettivamente impeditiva della partecipazione al processo e non può valere a dar luogo al differimento dell’udienza” scrive la Cassazione. In particolare, piazza Cavour scrive che “non è dato comprendere quale vistosa anomalia o pervicace grave lesione dei diritti di difesa dell’imputato possano ravvisarsi nell’attività accertatrice del concreto impedimento a comparire dell’imputato svolta da un normale collegio giudicante”, dal momento che “il semplice volontario ricovero ospedaliero dell’imputato per una infermità segnalata in sé come non grave (congiuntivite, uveite) né oggettivamente impeditiva della partecipazione al processo, non può valere a dar luogo al differimento dell’udienza”.

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