Il parroco dall’altare arringa i camerati-fedeli. A tratti si commuove. Il tono della voce è gioioso. Per chi crede, la morte non esiste. Figurasi per i nostalgici. Occasione per emozionarsi e rimpiangere “i tempi belli di una volta” è il 68esimo anniversario della morte di Benito Mussolini. Brividi sulla schiena. Eruzione cutanea. Bolle e orticaria da rigetto. Un centinaio di aficionados seguono la messa in sua memoria, celebrata nella chiesa di San Ferdinando a Napoli famosa per i riti religiosi dedicati agli artisti e agli uomini di spettacolo.

L’iniziativa di ricordare il “grande statista” con una messa è stata del Raggruppamento nazionale combattenti e reduci della Repubblica sociale italiana. Tiro il fiato. E’ dura, lo so. Don Pasquale Silvestri davanti a tanti occhi pieni di lacrime nella sua toccante omelia ricorda quasi commosso che “Mussolini è stato promotore di leggi giuste e savie anche lui è stato un artista vero”.

Cosa dire. Cosa pensare. Cosa scrivere. Mi cadono le braccia. A volte proprio non ce la faccio, vengo meno.Vorrei ricordare a Don Pasquale e i tanti camerati-fedeli, tra loro figure anche delle istituzioni, che il loro “grande statista” firmò le leggi razziali fasciste, un insieme di provvedimenti legislativi e amministrativi contro le persone di religione ebraica. Non si può offendere così la storia.

Il comizio-omelia di Don Pasquale avviene a Napoli, una delle poche città italiane dove l’insurrezione popolare con le Quattro giornate di Napoli (27-30 settembre 1943) si oppose con il proprio sangue contro l’invasione nazi-fascista. Napoli si liberò da sola dall’esercito di Hitler, il popolo napoletano cacciò l’invincibile Terzo Reich. Rivolta che valse alla città il conferimento della medaglia d’oro al valor militare.

Vorrei ricordare al simpatico e quanto incauto don Pasquale e ai sempre verdi camerati-fedeli che tre mesi fa esponenti dell’estrema destra napoletana sono stati arrestati in un’operazione dei carabinieri dei Ros di Napoli per banda armata, detenzione e porto illegale di armi e di materiale esplosivo, lesioni a pubblico ufficiale e attentati incendiari. L’inchiesta ha consentito di documentare numerose aggressioni nei confronti di avversari politici e la sistematica attività di indottrinamento dei giovani militanti all’odio razziale e all’antisemitismo. In particolare, alcuni degli indagati progettavano di violentare una studentessa ebrea. 

E’ maturità e tenuta democratica di un paese dimostrare di non avere paura dei fantasmi del passato. Questo è chiaro. Insomma una messa in ricordo di Benito Mussolini ci può anche stare. Ma ciò che non comprendo, ciò proprio che non mi piace, ciò che reputo offensivo è l’esaltazione, il citare discorsi, il paragonare un dittatore a un artista. E che cazzo! Il troppo è troppo.

Per risarcire l’anima e lo spirito vorrei ringraziare la compagni “Vodisca Teatro” che al teatro San Carluccio di Napoli ha messo in scena “Lenuccia – una partigiana del Sud”, spettacolo scritto e diretto da Aniello Mallardo. La storia è quella di Maddalena Cerasuolo, la partigiana, simbolo dell’insurrezione popolare, che fu insignita della medaglia di bronzo al valor militare. A lei è intitolato il ponte del rione Sanità che rappresenta uno dei luoghi simbolici più significativi nella memoria della città di Napoli. Grazie Lenuccia!

 

 

 

Articolo Precedente

Lettera di un poliziotto che vuole cambiare l’Italia senza violenza

next
Articolo Successivo

Crisi, ricerca Usa-Uk: “L’austerity uccide: 10mila suicidi e un milione di depressi”

next