Trecentotrenta pagine di piano industriale per rimettere in sesto la Rai. E gli ”esodi volontari” sono solo il primo passo. Argomento già questo spinoso per il direttore generale della tv di Stato, Luigi Gubitosi, che avrebbe voluto mettere alla porta 600 dipendenti. Ed, invece è riuscito finora a catalizzare circa 500 richieste di cui solo 400 sono reali. Il resto sono solo una sorta di esplorazione nella giungla conteggi e calcoli per verificare il reale vantaggio a lasciare Viale Mazzini.

Per questo appare sin d’ora evidente che Gubitosi dovrà inventarsi qualcos’altro per tagliare l’organico con due sole strade possibili: la prima passa per un accordo con i sindacati come richiesto dall’articolo 4 della Legge Fornero, la seconda per la legge 223 sui licenziamenti collettivi. In entrambi i casi, due ipotesi dolorose di forte scontro con i sindacati e i lavoratori. E di sicuro il gruppo dovrà assorbire circa 200 precari.

Anche per questo gli esodi volontari sono un tassello importante per l’azienda che dovrebbe archiviare il bilancio con una perdita 2012 vicina ai 200 milioni di euro legata a doppio filo ai costi biennali dei diritti sportivi (nel 2013 è previsto un rosso significativamente più contenuto). Il deficit però inquieta. Soprattutto in tempi in cui la raccolta pubblicitaria cala del 23% contro il 15% di flessione registrato dal mercato e il 16% di ribasso di Mediaset. Per questo, il punto centrale del piano industriale 2013-2015, che verrà votato martedì 9 aprile, è la riorganizzazione di Sipra, Società italiana Pubblicità per Azioni, che gestisce in esclusiva gli spazi pubblicitari su tutti i mezzi (radio, tv, web) e le piattaforme (analogica, digitale terrestre, satellitare, Ip-Tv e mobile) del carrozzone di Stato.

Innanzitutto la politica dei prezzi diventerà più aggressiva e, con prezzi più bassi, darà quindi del filo da torcere ai diretti concorrenti. Poi sarà rivista anche l’offerta alla clientela: finora la rete di raccolta pubblicitaria è stata gestita in maniera frammentata con proposte diverse a seconda del mezzo e della piattaforma. D’ora in poi invece verranno presentati alla clientela pacchetti pubblicitari che prevedono l’acquisto congiunto di spazi tv, internet e e radio sulle diverse piattaforme. Innovazione che, assieme al taglio del listino, dovrebbe consentire alla Rai di recuperare terreno.

Novità in vista anche sul web, segmento in cui Gubitosi vorrebbe investire anche catalizzando risorse umane fresche. Attualmente il gruppo di viale Mazzini ha ben 580 siti diversi, nati senza un reale cooordinamento aziendale. E ci sono solo due redazioni web, Rainews24 e Tg1. Il direttore generale vorrebbe, invece, riportare il tutto sotto un unico cappello creando un nuovo polo news per ottenere maggiore efficienza e, quindi, minori costi nella gestione delle risorse umane.

Inoltre, la ristrutturazione al 2015 prevede anche la riorganizzazione delle sedi all’estero. Finora il corrispondente veniva nominato dal direttore di testata all’interno di una conferenza dei direttori che dava il suo placet, con il risultato che ogni rete poteva esprimere il proprio uomo a proprio esclusivo servizio. Ma Gubitosi vorrebbe che le cose cambiassero in maniera radicale con il corrispondete o i corrispondenti (a seconda del peso della sede) a servizio dell’intero gruppo. Probabile, intanto, l’apertura di una sede a Rio de Janeiro in vista dei Mondiali di calcio 2014 e delle Olimpiadi 2016.

Infine, al vaglio dei vertici di viale Mazzini, c’è anche la razionalizzazione del mattone di proprietà e in locazione. Il gruppo Rai che, tra l’altro, nel bilancio 2013 beneficerà anche di un canone salito di 1,50 euro a quota 113,50 euro, ha in pancia diversi immobili di proprietà in tutta Italia. Strutture che anche alla luce del ridimensionamento di organico sono in alcune sedi regionali sovradimensionate. Alcuni edifici necessitano di interventi di manutenzione, invece altri anche di pregio come Palazzo Labia a Venezia (per il quale da tempo si cerca un compratore), potrebbero essere messi a reddito o ceduti. Una carta in più per Gubitosi per tentare di mantenere la promessa di riportare in utile la tv pubblica entro il 2015. Sempre che il nuovo governo, se e quando ci sarà, non decida di cambiare i vertici di viale Mazzini. Ipotesi che appare lontana visto l’incerto esito delle urne che gioca a favore del team di Gubitosi.

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