La Grecia collassa e la politica si mette un passo “avanti”. La metafora è quantomai indicata per raccontare un altro capitolo del teatro dell’assurdo che sta andando in scena a ottanta chilometri dalle coste italiane. Secondo il quotidiano Parapolitika più di 35 parlamentari hanno chiesto alla Banca della Camera un prestito per “eccezionali necessità finanziarie” e ciascuno di loro ha già ricevuto la somma di 10.000 euro, mentre altre quindici domande sono in attesa di essere valutate. Così mentre da un lato troika e euroburocrati chiedono sacrifici occupazionali, dall’altro la casta ellenica non pare scalfita da spending review né da privazioni di alcun genere. Infatti le banche nazionali non concedono più prestiti ai cittadini “comuni mortali” per via di garanzie che scarseggiano sempre più, con il risultato di un mercato ancora fermo e con aziende che chiudono. Con conseguenze anche sociali, si veda un altro suicidio da crisi (siamo a quota 2100 dal 2010): un 57enne vicino Volos che si è impiccato ieri perché travolto dai debiti.

Maledetta povertà. In un solo mese (gennaio 2013) secondo i dati dell’Agenzia nazionale dell’occupazione, sono stati persi 32.209 posti di lavoro. Raggiungendo un numero totale di disoccupati pari a 829.787 persone (4,04% di aumento). Numeri che si abbattono in giorni drammatici per il paese, dove la disoccupazione sta facendo segnare record su record (27%, con il 61% tra i giovani), dove gli agricoltori protestano ininterrottamente, con le sacche di violenza ideologica che tornano a riempirsi di odio e intolleranza. Ma a quei numeri occorre aggiungere i 25mila dipendenti di istituti bancari che entro il prossimo biennio saranno licenziati, dal momento che tra fusioni e acquisizioni chiuderanno circa 1400 sedi in tutta la Grecia. Ragione in più per indignarsi, anche in considerazione del fatto che la politica si dice dalla parte dei cittadini ma solo a parole.  

Ieri il leader del socialisti, Evangelos Venizelos, ex ministro delle finanze che al pari del suo collega Papacostantinou evitò di protocollare la lista Lagarde degli evasori, ha detto che “nessun paese con dignità potrebbe tollerare soluzioni imposte da terzi, è importante passare dal memorandum a un piano di ricostruzione nazionale”, come se il suo partito non avesse avallato le misure lacrime e sangue della troika. Che, a fronte ad esempio della prima tranches di prestiti del 2013 da 2,3 miliardi di euro, chiede l’immediato licenziamento di 25mila dipendenti pubblici in uscita già dal prossimo 1 marzo. A fronte dell’immobilismo politico la scuola serale di Heraklion ha pensato di creare un’agenzia di reclutamento per studenti disoccupati, in collaborazione con l’Associazione di Commercio e Associazione Albergatori e hanno anche attivato un salvadanaio per gli studenti bisognosi. A ciò si aggiunga un atteggiamento piuttosto sui generis nel comparto difesa: dove la troika ha di fatto bloccato fino al 2015 le iscrizioni alle Accademie ma non ha eccepito a fronte delle nuove commesse militari per diedi miliardi di euro, tra fregate, fornitore di missili e nuovissimi sistemi radar che la Grecia “alla fame” ha ordinato.

Non a caso secondo una ricerca dell’ “Analisi Metron” pubblicata dal quotidiano Eleftherotypia l’87% dei cittadini ritiene tutta la classe dirigente responsabile del disastro attuale. E solo uno su quattro ritiene che attualmente il paese si stia muovendo nella giusta direzione.

Qualcosa di più l’ha detta ieri il grande compositore Mikis Teodorakis, che all’età di 88 anni non ha intenzione di rimanere con le mani in mano nella Grecia diretta al default e, rivolgendosi agli studenti ateniesi, offre la sua diagnosi della crisi: “Il Paese è sottomesso da spettacoli degradanti, elezioni parlamentari e fuochi d’artificio, vere ragnatele modernizzate, in cui sono caduti finora tutti i partiti e anche la sinistra storica”. E ricorda che dal dicembre 2010 “abbiamo fondato il Movimento Indipendente Cittadini (PAC), per illuminare il popolo con queste verità. In molti sono scesi in piazza contro i dominatori stranieri e locali”. Cosa manca allora oggi alla Grecia per uscire dal tunnel? Semplice, conclude, la “scintilla per accendere il fuoco del purgatorio che porterebbe al percorso di liberazione”. E mentre il leader delle opposizioni, Alexis Tsipras, è già in clima elettorale e ingaggia un manager che stenda un mini piano Marshall per la Grecia, da approntare nei primi cento giorni del nuovo governo. Convinto che il trumvirato Samaras-Venizelos-Kouvellis sia alla fine dei suoi giorni.  

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