Che il gioco fosse “arma” della criminalità è ormai di pubblico dominio.

La Commissione parlamentare antimafia ha sollevato il problema da tempo (e anche ieri), attraverso un rapporto alla cui stesura ho contribuito, dal quale emerge – di concerto con quelli della Dna e delle Forze di Polizia – che si gioca “bene”, ma la mafia su queste operazioni gioca “male”, ossia guadagna un sacco di soldi riciclando denaro sporco, estorcendo somme ai gestori di macchinette affinché le tarocchino; converte in vincite regolari quelle realizzate inserendo nelle slot banconote false o provenienti da rapine (come ha dimostrato “Striscia la Notizia” di qualche giorno fa). Costringe all’usura giocatori incalliti o inconsapevoli.

Come non sostenere, pertanto, iniziative come quelle della Guardia di Finanza, che sgomina oggi una banda di ‘ndranghetisti dediti alla falsificazione di video slot e gestione di giochi on line di importanza nazionale?

Ma la cosa che più sconcerta, e ci spinge alla assoluta condivisione dell’impegno profuso, sono le minacce al giornalista che su questo stava indagando forse troppo. A Giovanni Tizian, della Gazzetta di Modena, tutto il nostro affetto.

Allo Stato ed alle istituzioni la richiesta, sempre più pressante, di intervenire, magari ormai nella prossima legislatura, con norme ancora più severe, dato che gli spunti regolamentari vengono lasciati in eredità da numerose iniziative legislative e rapporti depositati presso le attuali aule parlamentari.

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