Spiega una fonte che preferisce restare anonima: “In fondo siamo ex democristiani e la politica dei due forni l’abbiamo inventata noi”. Commenta così una notizia che ribadisce come la Campania sia imbattibile in certe pratiche. Nello spazio di poche ore 55 amministratori locali dell’Udc – partito che qui è alleato del Pdl in Regione e nelle amministrazioni provinciali – avrebbero formalizzato l’uscita dal partito di Casini per fondare il Movimento Popolare Campano (Mpc) e stringere un accordo col Pdl alle imminenti elezioni politiche. La sintesi è che avrebbero preferito Berlusconi a Monti. Motivazione ufficiale: divergenze e mal di pancia nella scelta delle candidature alle politiche, con riferimento particolare al numero 3 dell’Udc al Senato, attribuito al consigliere regionale Biagio Iacolare.

Il capo cordata della migrazione Udc-Pdl risponde al nome di Pietro Langella, assessore provinciale della dimenticabile giunta di Giggino ‘a Purpetta Cesaro, dimessosi per tornare in Parlamento. Langella è politico dell’area vesuviana-boschese, di area Margherita-Pd quando il centrosinistra imperava in Campania, salito sulla scialuppa dell’Udc quando ormai era chiaro che gli emuli di Bassolino stavano naufragando e il Pdl-centrodestra si sarebbe impossessato dei principali enti locali campani. Langella si porta appresso sei consiglieri provinciali su dieci del gruppo Udc, un consigliere provinciale eletto in una lista collegata al candidato presidente del Pd, sindaci ed ex sindaci, consiglieri comunali, dirigenti locali. Personale politico di rilievo paesano, piccoli portatori di voti nelle loro comunità, coltivati con cura in casa e spesi bene fuori grazie a un forsennato trasformismo.

E chissà se davvero tutti i 55 sono a conoscenza di aver firmato il documento della scissione. Dice un ex sindaco di quell’area geografica: “Mi ero incuriosito ed ho telefonato a cinque o sei di loro, alcuni mi hanno smentito l’adesione a questo progetto, dicono di essere stati infilati tra i nomi a loro insaputa”. Tra questi ci sarebbe un candidato sindaco di centrosinistra di un’imminente consultazione amministrativa. L’obiettivo che Langella e gli ex casiniani intendono raggiungere dal matrimonio d’interesse coi berlusconiani napoletani è il posto numero 9 nella lista Pdl del Senato. Un posto da elezione sicura. Difficilmente Langella verrà accontentato. Ma fino all’ultimo proveranno ad ottenerlo perché al Senato la battaglia si gioca all’ultimo voto e ogni scheda più risultare decisiva. La Campania è una delle tre regioni in bilico (insieme a Lazio e Lombardia), e il Pd avrebbe bisogno di conquistarne almeno due per ottenere una maggioranza certa in Parlamento.

Non a caso il Pdl, consapevole della posta in gioco, ha avviato una manovra a tenaglia: ‘shopping’ tra le forze avversarie per colmare il leggero distacco che al momento si registra in Campania, e discesa in campo nella lista del Senato di tutti i big e i portatori di voti, a dispetto di processi e inchieste in corso. A cominciare da Nicola Cosentino, pronto a traslocare a Palazzo Madama dopo 17 anni ininterrotti a Montecitorio. Fiuta l’odore di sconfitta il democrat Antonio Bassolino, due mandati da sindaco e altrettanti da governatore alle spalle, per 17 anni il capo incontrastato del centrosinistra campano. E’ caduto politicamente in disgrazia per il disastro dei rifiuti e nei giorni scorsi ha annunciato la chiusura per mancanza di risorse della sua ‘Fondazione Sudd’, ma sa come si vincono le elezioni: dal 1993 fino a quando è rimasto in campo non ne ha persa una. In un’intervista al Mattino, Bassolino ha dato stura alla sua rabbia. ”Sono fuori di me, sono incazzato”. Bassolino sostiene che il Pd in Campania ha “fatto delle liste deboli, segno di una chiusura interna” del partito, “persino il Pci dei tempi andati era più aperto verso gli intellettuali esterni e alla società civile”.

Uno dei motivi della sua furia? Il Pd ha composto le liste campane senza consultarlo: “Non ne hanno sentito il bisogno, evidentemente. Nessuno mi ha chiesto un parere. Me le hanno mostrate a cose fatte”. Sul risultato elettorale del Pd in Campania, Bassolino è “pessimista”: “Con questi nomi non funzionerà e se ne accorgeranno (…) come cittadino ed elettore voterò il mio partito” ma “una volta entrato nella cabina farò molta fatica a mettere la croce sul simbolo del mio partito. Lo farò solo per rispetto alla mia storia politica”.

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