Il Pdl è a pezzi e passa al regolamento di conti. La mattinata si è chiusa con le dimissioni del capogruppo in Regione Francesco Battistoni, una delle richieste del presidente Renata Polverini ancora in dubbio se rassegnare o meno dimissioni. Ma potrebbe non bastare. Il caso Lazio si è trasformato infatti in una partita nazionale che mina il matrimonio tra berlusconiani ed ex An. E mette a rischio la tenuta del Pdl anche in altre regioni, a cominciare dalla Lombardia, dove è in bilico la permanenza in sella di Roberto Formigoni, travolto dagli scandali e alle prese con il nuovo corso della Lega nord. Per non parlare del voto politico che è già dietro l’angolo. 

Il Pdl trema. La giunta peraltro ancora oggi finisce sotto i colpi delle rivelazioni di Fiorito ai pm (“Pagavo tutti i consiglieri, la Polverini non poteva non sapere”). Il sintomo anche all’interno del partito è d’altro canto ben chiaro: mentre arriva pure la stilettata di Famiglia Cristiana (“Un Satyricon da basso impero”) si succedono incontri tra i dirigenti con una frequenza quasi inedita. Dopo quella di ieri sera Silvio Berlusconi ha convocato un’altra riunione con lo stato maggiore del partito. A via del Plebiscito sono arrivati i coordinatori e i capigruppo del Pdl oltre al segretario Angelino Alfano

Ma ora la palla finisce tra i piedi dello stesso governatore: perché per Ignazio La Russa “il caso è chiuso e abbiamo fatto tutto ciò che dovevamo”, mentre per Maurizio Gasparri “il Pdl e Berlusconi sono convinti che la Polverini non debba dimettersi e mi auguro non lo faccia”, invitandola “a proseguire la sua azione”. Cosa pensi Berlusconi il Cavaliere l’ha già detto alla Polverini ieri: niente dimissioni.

Le dimissioni di Battistoni. Battistoni, fresco successore del protagonista dello scandalo Franco Fiorito alla guida del gruppo Pdl in Regione Lazio, ha gettato la spugna dopo un faccia a faccia con il segretario nazionale Angelino Alfano. Che poi ha commentato: “Battistoni si è dimesso da capogruppo non già perché fosse indagato o sfiduciato politicamente, ma per un suo gesto di grande responsabilità nei confronti delle istituzioni e del Pdl che non possiamo che apprezzare”.  Antonio Cicchetti o Chiara Colosimo sono i nomi che circolano per l’avvicendamento (il secondo in poche settimane) a capogruppo del Pdl alla Regione. Due ex An dunque dopo che Battistoni, ex azzurro, si è dovuto metter da parte per volere della Polverini. “Abbiamo persone degnissime all’interno del gruppo che possono succedere a Battistoni – afferma il coordinatore regionale del Pdl Vincenzo Piso – sono persone con qualità diverse, Cicchetti è riconosciuto da tutti come una persona onesta, di grande esperienza. La Colosimo è una brava ragazza, che rappresenta la freschezza”. Colosimo, peraltro, ritenuta vicina all’ex ministro Meloni, è stata la consigliera che pochi giorni fa, dopo il duro discorso della Polverini alla Pisana, aveva espresso la posizione del Pdl in aula al posto dello stesso Battistoni.

Scricchiola, però, anche la maggioranza, a prescindere dall’eventuale implosione del Pdl: “La Polverini non può andare avanti senza un maggioranza e l’Udc non può andare avanti senza chiarezza e in questa confusione” avverte il segretario dell’Udc Lorenza Cesa. “Mi auguro che oggi il Pdl – sottolinea – abbia deciso qualcosa di positivo e di nuovo. Al di là degli aspetti giudiziari, ma sul piano politico la Regione Lazio non può andare avanti in questa incertezza”.

Polverini: “Io non pago le colpe di altri”. E il presidente? Dopo aver dettato in consiglio regionale le sue condizioni per moralizzare la vita politica ed evitare il tutti a casa, Renata Polverini non ha ancora preso una decisione, e ha ricevuto da Silvio Berlusconi un pressante invito a restare (“Ho sentito Berlusconi, non l’ho visto”, precisa oggi Polverini). “Dimissioni? Qualcuno parla al posto mio, domani si riunisce il consiglio, poi vediamo”, ha detto ai giornalisti uscendo di casa per andare “dal medico”, ha precisato. “Ho condizionato il mio impegno al consiglio, non sono disposta a pagare le colpe di altri”. Domani il consiglio regionale del Lazio voterà sui tagli e sulla riduzione dei costi della politica. Dopodiché il presidente potrebbe annunciare la decisione che riporterebbe la Regione alle urne. Intanto promette: “Oggi daremo i dati. Ho dato autorizzazione ai miei uffici di mettere rete e di trasmettere alle agenzie quello che noi abbiamo fatto e quello hanno fatto gli altri”.

”Io sono una persona onesta”, ha continuato Polverini parlando con i giornalisti sotto casa, “non ho mai rubato nulla e respingo scenari raccapriccianti. Di questa classe politica faccio parte, ma ne voglio uscire bene”. E a chi le chiedeva una candidatura da premier ha risposto: “Ma per carità”. Il presidente della Regione Lazio ha parlato anche della sua partecipazione all’ormai famosa festa in stile antica Roma, con ancelle in toga e maschere da maiale, organizzata dal consigliere regionale Pdl Carlo De Romanis. “Sono stata invitata a una festa da un consigliere per festeggiare l’addio al suo vecchio incarico, questo ragazzo credo abbia rapporti con Tajani: le foto mostrano il mio sconcerto e me ne sono andata via subito”.

Sulle condizioni poste per la sua permanenza, Polverini precisa: ”Io non chiedo la testa di nessuno, faccio il presidente di Regione e agisco nel rispetto delle mie prerogative. Il Pdl, partito che sostiene la mia maggioranza, ci ha messo nei guai attraverso persone poco perbene, a dire poco”. Con il segretario Angelino Alfano aveva precisato la presidente della Regione Lazio, “siamo in totale sintonia su questa vicenda. Mi ha telefonato Berlusconi per dirmi: tu non c’entri niente con questo scandalo, vai avanti nella tua battaglia di pulizia. Vuol dire che si è reso conto che nel Pdl qualche mela marcia c’è”.

Le “consultazioni” del governatore. Ieri la Polverini aveva incontrato tra gli altri anche il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri: al centro del colloquio, un’analisi dei tempi tecnici per andare alle urne in Regione. Circostanza che aveva provocato la polemica del presidente della Camera Gianfranco Fini: “La decisione della Polverini di dimettersi spetta unicamente all’interessata. Non capisco però a cosa serva il colloquio con il ministro Cancellieri, non occorre un colloquio diretto con il ministro dell’Interno per capire cosa succede in caso di dimissioni, basta leggere la legge”. I tempi sono indicati nello Statuto della Regione Lazio: dal momento delle dimissioni, tre mesi per indire le elezioni e sei mesi per farle. 

Il destino del presidente del Lazio e quello del partito, in ogni caso, passano da Palazzo Grazioli. Il Cavaliere, tornato nella Capitale, ha incontrato ieri gli ex colonnelli Ignazio La Russa e Maurizio Gasparri insieme allo stato maggiore del partito. Punto di partenza lo scandalo che ha investito la giunta Polverini e che ha portato il governatore a un passo dalle dimissioni. Ma il confronto si è orientato subito sul futuro del Pdl: le voci che definivano gli ex An stanchi di essere additati dentro il partito come “capro espiatorio” di ogni disaccordo e della mancata integrazione tra le anime hanno trovato conferma anche tra “addetti ai lavori”, come l’ex ministroAltero Matteoli. “Vogliamo un confronto sui contenuti” hanno spiegato al termine dell’incontro La Russa e Gasparri. Secondo un retroscena pubblicato da Libero, però, dietro le dichiarazioni di circostanza starebbe una realtà meno rassicurante: La Russa, uno dei coordinatori, avrebbe intenzione di lasciare il partito, mentre Gasparri vorrebbe rimanere, ma sarebbe tentato dal richiamo dell’amicizia verso l’antico camerata. 

La “pazza idea” di B.: se salta tutto, Renata for president. Ma tra le ipotesi di scissione e i tentativi di riappacificazione, a via dell’Umiltà prende piede anche una terza via, apparentemente degna di scenari da fantapolitica: trasformare lo scandalo del Lazio in opportunità politica. Berlusconi potrebbe – dicono autorevoli fonti vicine all’ex presidente del Consiglio – convincere Renata Polverini a dimettersi subito e continuare la propria opera “moralizzatrice” nel ruolo di candidato del centrodestra a Palazzo Chigi. Il nome della Polverini – preferito alla stessa Giorgia Meloni, la più filo B. tra gli ex An, ma troppo giovane e inesperta – leverebbe le castagne dal fuoco all’ex premier su diversi fronti. In primis eviterebbe la frattura definitiva del partito, orfano del ‘quid’ che Angelino Alfano non è mai riuscito a mettere. Dall’altro eviterebbe al premier una nuova discesa in campo, 18 anni e quattro governi dopo dopo la prima. Senza contare la presa che la governatrice avrebbe sull’intellighenzia Udc, il cui peso è determinante per sperare di vincere le prossime elezioni, quale che sia il sistema elettorale.

La questione morale. Ma che ci sia una “questione morale” se ne sono accorti da tempo anche dall’interno del partito, ma la differenza è che ora la voce ora si può fare più forte. E’ necessario “portare avanti con forza una battaglia di rinnovamento che metta al centro la questione morale e il legame diretto con i cittadini basato su credibilità e competenza” scrivono in un documento comune 11 sindaci: a quelli di Pavia, Lecce, Verbania, Ascoli Piceno, Pescara si sono aggiunti i colleghi di Cremona, Frosinone, Siracusa, Scafati, Mondragone e Teramo: “Serve una battaglia – aggiungono – la cui urgenza risulta quanto mai evidente a fronte degli accadimenti di questi giorni”.

Nel corso di un incontro che la delegazione di sindaci ha ottenuto oggi con Alfano “è stato manifestato un forte malessere rispetto alla gestione a livello locale del partito, spesso guidato da figure calate dall’alto e nominate non certo attraverso criteri meritocratici”. I sindaci mercoledì hanno fissato un incontro con la stampa per illustrare un documento programmatico incentrato sulla necessità “di rinnovare la classe dirigente attraverso l’introduzione di meccanismi elettivi per tutti i livelli decisionali del partito che risultano ancora frutto di cooptazione/nomina gerarchica”.

Bersani: “Si dimetta”. Tutto il centrosinistra chiede che la Polverini lasci. Stamani, al fattoquotidiano.it, anche il segretario del Partito Democratico Pierluigi Bersani: “La situazione politica suggerisce questo, penso proprio di sì”. “Con tutto quello che è già emerso, che altro deve venir fuori perché la Polverini si dimetta? – si chiede il capogruppo dell’Italia dei Valori al Senato Felice Belisario – Quanto ancora dovremo aspettare prima che la governatrice faccia quel passo indietro obbligato e necessario?”. 

Il pressing era iniziato già in mattinata con il presidente della Provincia Nicola Zingaretti: “Regione Lazio. Per salvare le istituzioni ormai c’è una sola cosa da fare: tutti a casa” aveva scritto su Twitter.

Formigoni: “Nessuna ripercussione in Lombardia”. Certo, Roberto Formigoni è sicuro: “Mi auguro che la Giunta del Lazio non cada e comunque non ci sarebbe nessuna ripercussione in Lombardia”. Escluso l’effetto domino, insomma. “In Regione Lombardia, come ho sempre sostenuto, non è stata commessa alcuna irregolarità – prosegue la nota di Formigoni che stamani ha anche ricevuto una telefonata da Berlusconi – Nessun euro di denaro pubblico è stato sprecato”. Aspetto sul quale, sempre secondo quanto si è appreso, ha concordato anche Berlusconi. “Noi – conclude il Celeste – continuiamo a governare nella pienissima legittimità politica e dei nostri atti”.

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