Dopo le società private, la parità tra uomini e donne nei cda riguarderà anche le aziende pubbliche. Il via libera è arrivato dal Consiglio dei ministri, che ha definito le nuove regole, per consentire ai singoli enti a controllo pubblico di modificare i propri statuti, per assicurare l’equilibrio tra i generi. “L’equilibrio si considera raggiunto quando il genere meno rappresentato all’interno dell’organo amministrativo o di controllo ottiene almeno un terzo dei componenti eletti. Ora lo schema di regolamento sarà sottoposto al parere del Consiglio di Stato. 

Soddisfatta il ministro del Lavoro Elsa Fornero, che già in occasione della festa della donna al Quirinale aveva parlato di un segnale di cambiamento “non solo economico, ma anche culturale”. “Auspico che una decisione come quella di oggi possa essere anche di esempio per la politica e non si debba, con rammarico, registrare l’assenza di candidature femminili come pare essere il caso delle prossime elezioni in Sicilia”. Il ministro non sembra soddisfatta al risultato raggiunto con il governo Monti, dove dicasteri ‘di peso’ sono stati affidati alle donne, e pensa già alla rappresentatività di genere alle amministrative. “La previsione di quote è un passaggio significativo, ancorché obbligato, per consentire l’effettiva partecipazione delle donne a momenti decisionali di così rilevanti attori economici, rimuovendo pregiudizi e conservatorismi anacronistici”, aggiunge la Fornero considerando il decreto “un’altra importante tappa nel cammino verso l’affermazione di una nuova cultura della parità di genere“.

Il monitoraggio e la vigilanza sull’attuazione effettiva del provvedimento sarà affidata alla Presidenza del Consiglio e al ministro delegato per le Pari opportunità. Le società saranno obbligate a comunicare a loro la composizione degli organi sociali e le eventuali variazioni in corso di mandato. Inoltre, per garantire un controllo ‘diffuso’, saranno accettate anche segnalazioni di situazioni non conformi alle nuove norme. Se, dopo una diffida formale, la società non ripristini tempestivamente l’equità tra i generi, è prevista la decadenza della carica.

Nella nota del Cdm si ricorda anche qual è la situazione nel Paese: “In base ai dati Eurostat del 2012, in Italia l’occupazione delle donne tra i 25 e i 54 anni è pari al 63,9%, circa 12 punti percentuali in meno rispetto alla media dell’Ue a 27. Anche i dati diffusi da Istat e Censis sulla presenza di donne nei consigli di amministrazione fotografano una realtà preoccupante: nel 2011 appena il 7% del totale dei componenti dei Cda delle società quotate contava una presenza femminile”. Anche le Istituzione europee si stanno muovendo in questa direzione: al gennaio 2012, solo un membro su sette dei consigli direttivi della principali aziende europee è donna, ovvero il 13,7%. Un piccolo miglioramento, si fa per dire, visto che nel 2010 la percentuale era dell’11,8 per cento. Ma la Commissione Europea punta a una quota del 40 per cento.

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