Il revisionismo storico passa sempre attraverso le scuole. Questo deve aver pensato Giovanni Iotti, consigliere comunale del Popolo della libertà di Gualtieri, piccolo paese della Bassa reggiana. Al prossimo consiglio comunale presenterà infatti un ordine del giorno per l’intitolazione della nuova sala polivalente comunale, ex scuola elementare del paese, della frazione di Pieve Saliceto a Benito Mussolini. Motivo? Niente di politico, assicura l’autore della proposta. “Non intendo esaltare la figura del Mussolini capo del partito fascista. Intendo invece far ricordare la figura di Mussolini insegnante nelle scuole elementari di questa nostra frazione”. Dal 13 febbraio 1902 infatti, in quello stesso edificio, una volta scuola elementare, il futuro Duce appena diciannovenne insegnò ai bambini del piccolo paese in provincia di Reggio Emilia.

Non fu una grande esperienza quella di Pieve, né soprattutto lunga, tanto che pochi mesi dopo, a luglio, per sfuggire alla leva militare, il giovane maestro di Predappio prenderà la strada dell’esilio in Svizzera. “I vecchi del paese, figli e nipoti di coloro che furono suoi alunni, ne hanno sentito parlare come di un maestro severo, ma bravo e preparato”, spiega oggi Iotti che difende la valenza non politica della proposta.

In realtà che fosse bravo e preparato non è pacifico tra gli studiosi. Il giudizio sul Mussolini maestro non è proprio esaltante nei documenti storici ritrovati. “Mente squilibrata”, lo defininì nel 1908 un docente dell’università di Bologna, dopo aver corretto il suo tema di italiano. Voto della commissione: 6+. Fu quando il futuro capo del fascismo si presentò per l’abilitazione all’insegnamento del francese e del tedesco nelle scuole e passò solo la prima delle due.

Qualche anno dopo, arrivato a Tolmezzo nel suo peregrinare didattico tra le diverse scuole del nord Italia, un dirigente scolastico, Sardo Marchetti, definì Mussolini “mancante di quei mezzi e abilità che sono strumenti indispensabili all’educatore, senza la chiara visione di quanto si deve impartire nella scuola, disorganico nel procedimento; il signor Benito Mussolini (pur riconoscendogli il suo lavoro) ha ottenuto frutti scarsi. Avrebbe potuto raggiungere un profitto molto migliore se avesse dato alla scuola buona parte delle sue non comuni risorse intellettuali”.

Le doti intellettuali Mussolini le aveva eccome, anche per capire di non essere uno studioso eccelso. E forse oggi guarderebbe con un po’ di disprezzo la proposta del politico berlusconiano. Dopo un anno dalla marcia su Roma, tra il 1923 e il 1924, l’università di Bologna (che nel frattempo aveva cambiato atteggiamento verso quella “mente squilibrata”) decise di dare al nuovo presidente del consiglio e duce del fascismo una laurea honoris causa in giurisprudenza. Mussolini all’inizio accettò e preparò una piccola tesi di laurea su Niccolò Machiavelli. Ma dopo la pubblicazione sulla stampa, la sua opera venne irrisa dagli studiosi in giro per l’Italia e l’Europa. La irrise da Londra anche Giacomo Matteotti che poche settimane dopo viene rapito e ucciso da uomini vicini al Duce.

Per Mussolini quella laurea e la reazione del mondo al suo modo di scrivere un po’ tronfio erano troppo pesanti da accettare. E poi il fantasma di Matteotti che ne aveva dileggiato la scrittura pesava così tanto sul Duce che per anni non volle più sentire parlare di quella laurea a Bologna. Che infatti rifiutò.

L’Emilia Romagna non è nuova a tentativi di celebrazione più o meno nascosti del duce. Lo scorso anno a Forlì Luca Bartolini, consigliere Pdl propose di incidere una lapide per ricordare il contributo del Duce alla costruzione dell’ospedale. “Nessuna celebrazione, ma facciamo i conti col passato in modo diverso dal solito”. Il sindaco Pd Roberto Balzani rispose tranquillamente: “Se li ha messi di tasca propria giusta una segnalazione”.

Almeno in questo gli amministratori di Gualtieri sembrano differenziarsi. Alla proposta si è subito opposto il vicesindaco Francesco Villani: “Non sono d’accordo, quando Mussolini venne a visitare la scuola durante il Ventennio (era il 1926, ndr) era già un dittatore”. E su questo gli storici e non hanno alcun dubbio.

 

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