La sentenza di ieri sulla tragedia consumata alla scuola Diaz durante il G8 di Genova del 2001 restituisce un senso, seppur monco, tardivo, forse incompiuto, di giustizia. Ma le sentenze non sono sempre sufficienti, non sempre mettono davvero la parola fine, anche se definitive e soprattutto, se non adeguatamente inserite in un contesto interpretativo più complessivo, non hanno conseguenze politiche decisive.

A me piacerebbe che questa volta ciò non accadesse, che chi in questi undici anni ha parlato a sproposito sia inchiodato alle responsabilità di ciò che ha detto.

In questi anni e persino nelle ore immediatamente successive alla sentenza della Cassazione (definitiva), c’è chi ha espresso opinioni sui pronunciamenti nei vari gradi di giudizio. Non sono d’accordo con chi dice che le sentenze non si discutono. Penso che la priorità assoluta sia il rispetto delle istituzioni e, dunque, del parere della Giustizia. Poi si può essere scettici, dubbiosi, criticare persino, ma non si deve mai mancare di rispetto alle decisioni di un potere (indipendente) dello Stato, specie se si è rappresentanti del potere politico. 

Preferisco ascoltare un parere che non condivido su una sentenza definitiva che assistere a un silenzio sdegnoso che, magari, cova successivi tentativi di ripicca verso quel giudice, quella legge, quel gruppo sociale. 

La pur sacrosanta libertà di parola non deve però coincidere con la rimozione della memoria. Questo vuol dire che chi ha detto cose che la sentenza ha reso definitivamente inaccettabile deve risponderne in pubblico e accettare le conseguenze politiche di ciò che ha detto.

Tra le tante frasi che voglio prendere come esempio di questa mia argomentazione ne voglio citare una in particolare. È di Alfredo Mantovano, sottosegretario all’Interno sia del Berlusconi bis (2001-2006, dunque anche durante il G8 di Genova) che del Berlusconi ter (2008-2011).

Mantovano, il 19 maggio 2010, si era così espresso commentando la sentenza del processo di appello sui fatti di Genova: Sono ragionevolmente convinto che la Cassazione ristabilirà l’esatta proporzione di ciò che è successo, scioglierà ogni ombra su fior di professionisti della sicurezza che oggi si trovano in questa situazione. I funzionari della Polizia di Stato resteranno quindi al loro posto, che non si limitano ad occupare, svolgendo il loro ruolo con grande responsabilità e dedizione, rispetto al quale ci può essere solo gratitudine da parte delle istituzioni (19 maggio 2010)

Mantovano è pugliese, come me. Da anni si parla di una sua possibile candidatura alla presidenza della Regione. Potenzialmente è una persona che potrebbe prendere decisioni che riguardano la mia vita quotidiana. È un personaggio di spicco del Pdl della Puglia e della destra nazionale.

Per tutte queste ragioni mi piacerebbe che chi ha manifestato una così evidente assenza di capacità di analisi della realtà (non voglio parlare di malafede) abbia l’umiltà di ammettere di aver sbagliato e, magari, passare la mano a politici più avveduti. E mi piacerebbe che tutti gli Alfredo Mantovano d’Italia (penso ad esempio a Roberto Maroni, cioè il capo di Mantovano durante l’ultimo governo Berlusconi, che disse di “essere d’accordo al 100%” con il sottosegretario, per dirne un altro) abbiano la decenza di fare lo stesso. 

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