Piazza Tahrir torna a protestare in uno dei momenti più delicati del post rivoluzione. La manifestazione è stata indetta dai Fratelli Musulmani contro la nuova aggiunta costituzionale e contro il rinvio dei risultati del ballottaggio che, secondo quanto affermato dal Freedom and Justice Party nei giorni scorsi, sarebbe una strategia dei militari per manipolare le percentuali elettorali. Una chiamata in piazza da parte del FJP che sembra giocare d’anticipo per evitare uno scenario politico quanto mai incerto anche sul risultato finale delle elezioni.

“Aspettiamo l’ufficializzazione del nuovo presidente il prima possibile”, ha dichiarato questo pomeriggio il candidato alla presidenza dei Fratelli Musulmani Mohammed Morsi, riaffermando la sua vittoria alle elezioni. Al suo quartier generale, però – nonostante continuino a confermare l’affidabilità delle percentuali che danno il loro aspirante presidente in testa – cresce il timore che il ritardo dei risultati celi il tentativo di falsare le elezioni e sia un escamotage dell’esercito per imporre l’altro candidato, Ahmed Shafiq, l’ultimo ex primo ministro di Mubarak. “Le rilevazioni in nostro possesso sono state fatte da una rete di osservatori che ha coperto il 100% dei seggi”, spiega Ahmed Abdel-Aati, il coordinatore della campagna di Morsi. Dati infallibili che farebbero cadere le accuse del rivale Shafiq, che annunciando a sua volta la vittoria aveva definito inaffidabili e falsi i dati diffusi dai Fratelli Musulmani.

Morsi ha ribadito anche il rifiuto verso i nuovi provvedimenti presi dal Consiglio Militare Supremo che – dopo lo scioglimento della Camera per un vizio nella legge elettorale – ha riassunto i poteri legislativi ed emanato, poche ore dopo la chiusura delle urne, una nuova dichiarazione costituzionale. Il documento – ritenuto da molti analisti una chiara mossa per limitare i poteri presidenziali a favore dell’esercito – secondo quanto dichiarato oggi dal Consiglio non subirà però nessuna modifica, perché “l’approvazione di una costituzione supplementare è stata imposta dalla necessità di dare chiare regole di amministrazione in un momento critico per il paese”. Così, secondo questi emendamenti, il nuovo presidente si ritroverebbe a governare senza un parlamento e senza una Costituzione approvata da un organismo democratico. “Il nodo sulle nuove norme costituzionali resta un punto cruciale, su cui si giocherà la riuscita democratica di questo paese”, afferma Mustafa Kamel, politologo dell’American University of Cairo. “Il rischio è che il nuovo capo di stato diventi fortemente dipendente dall’esercito fino all’entrata in vigore della nuova Costituzione e all’elezione del nuovo Parlamento, e questo è un iter che si prospetta abbastanza lungo”. Intanto, mentre oggi a Tahrir centinaia di migliaia di persone hanno aderito alla protesta dei Fratelli Musulmani, che avevano già indetto un sit-in da mercoledì, la Suprema Commissione Elettorale ha fatto sapere che i risultati verranno comunicati domani o domenica. Un annuncio che porrà fine alla confusione degli ultimi giorni ma che potrebbe dare il via a nuove proteste in un paese sperduto sulla strada verso la democrazia.

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