Il ponte non ci fermerà. Oggi a Roma all’assemblea di Enel saremo in tanti. Azionisti attivi, critici, a cui non basta il dividendo. Vogliamo anche sapere come i dividendi vengono prodotti, perché si sceglie di continuare a investire nel nucleare e nel carbone, perché l’amministratore delegato di Enel Fulvio Conti si porta a casa il 35% in più dell’anno scorso, oltre 4,3 milioni di euro, anche se l’utile consolidato del gruppo è calato del 5%.

Sul primo punto all’ordine del giorno – l’approvazione del bilancio – interverrà il vescovo guatemalteco Alvaro Ramazzini, delegato dai Missionari Oblati di Washington, che fanno parte di Iccr, una coalizione di 275 ordini religiosi, con sede a New York, che ogni anno partecipa e presenta mozioni su temi sociali e ambientali alle assemblee di oltre 200 imprese americane ed europee. Ramazzini, un paladino delle comunità indigene latinoamericane, porterà in assemblea la voce dei popoli del Guatemala che si sentono minacciati dalla costruzione – da parte del gruppo Enel – della centrale idroelettrica di Palo Viejo, nella regione maia del Quichè. Dopo Ramazzini sarà la volta dell’attivista colombiano Miller Armin Dussan Calderon, professore dell’Università Surcolombiana e presidente di Assoquimbo, associazione dei comitati locali colombiani che presidiano il territorio contro la costruzione della diga Enel di Quimbo in Colombia. Un’opera che prevede la deviazione del Rio Magdalena e lo sbancamento di 8.000 ettari di terreno fertile, con un grave impatto sulla sostenibilità economica di migliaia di persone che nella zona vivono di agricoltura e pesca.

L’azionariato critico all’assemblea di Enel (e di Eni) è arrivato alla sua quinta edizione. Lo promuove la Fondazione Culturale Responsabilità Etica (Banca Etica), che negli anni ha riunito attorno a sé ong e gruppi di attivisti come Crbm, Greenpeace, Amnesty International e coalizioni di azionisti come Iccr per cercare di spiegare alle imprese – in particolare le due maggiori compagnie italiane a controllo pubblico – che molto spesso una valutazione poco attenta degli impatti ambientali e sociali o una governance lottizzata possono tradursi in problemi reputazionali o risultati finanziari deludenti che danneggiano tutti gli azionisti.

La Fondazione di Banca Etica interverrà sul terzo punto all’ordine del giorno, per chiedere i motivi delle remunerazioni astronomiche dell’amministratore delegato Conti e dei top manager della società. E per proporre ad Enel di inserire tra gli indicatori di calcolo dei bonus anche la percentuale di riduzione delle emissioni di CO2 o il miglioramento dei rapporti con tutti i portatori di interesse, compresi i movimenti ambientalisti, le comunità locali e le popolazioni indigene nei paesi del sud del mondo.

L’azionariato critico continua da anni con successo negli Stati Uniti, in Inghilterra, Germania, Svizzera. In Italia è partito qualche anno fa, ma ha ancora bisogno dell’aiuto di nuovi azionisti, stanchi di delegare in bianco la gestione dei propri soldi e desiderosi di far sentire la propria voce davanti ad amministratori delegati, presidenti e consiglieri intoccabili, che da troppo tempo nessuno osa più mettere in discussione.

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