Una società italiana non paga più le fatture. Scriviamo mail agli interlocutori di sempre e rispondono (dalla mail aziendale) che non ricoprono alcuna carica nell’impresa. Prendiamo un paio di visure dalla Camera di commercio e ci accorgiamo che la Srl con cui abbiamo a che fare ha come unico socio una Ltd. irlandese, controllata a sua volta – così dicono le carte del Companies Registration Office di Dublino – da due fiduciarie, una con sede in Liechtenstein e una domiciliata a Panama. Telefoniamo alla Camera di commercio di Vaduz, nel piccolo principato nelle Alpi, e ordiniamo i documenti da Panama. Paghiamo il dovuto (tanto) e ci ritroviamo con un pugno di mosche: sul documento di Panama si trovano solo prestanome (Diaz, Morales, Lopez, Garcia, Martinez), che sicuramente non hanno nessuna intenzione di rivelare i nomi degli azionisti (che non sono pubblici). Per il Liechtenstein la cosa si risolve in modo più semplice. Le azioni non sono nominative ma al portatore. Come un libretto di deposito al portatore sono di chi le ha in mano in un determinato momento e quindi sono di tutti e di nessuno. Fine della ricerca.

Ogni anno almeno 250.000 società vengono create offshore, in giurisdizioni ad alto tasso di opacità finanziaria. Molte sono semplicemente società di carta, spesso rette da fiduciari e libere da ogni obbligo di pubblicare una qualche sorta di bilancio annuale. Se le società offshore possono servire anche a scopi legali, troppo spesso vengono usate per evadere le tasse, lavare il denaro sporco, eludere sanzioni o finanziare movimenti terroristici. Un rapporto pubblicato dalla Banca Mondiale nel novembre del 2011 (The Puppet Masters, “I burattinai”) e citato dall’Economist ha investigato 817 grandi casi di corruzione dal 1980 al 2010: in quasi tutti i casi sono state usate società di comodo. La sorpresa è che la maggior parte di queste (102) sono state registrate negli Stati Uniti, a seguire le Isole Vergini Britanniche (91) – un territorio d’oltremare del Regno Unito nei Caraibi, poi Panama (50), Liechtenstein (28), Bahamas (27) e Gran Bretagna (24). La Gran Bretagna – sostiene l’Economist – permette ancora la costituzione di imprese con azioni al portatore. Gli Stati Uniti delegano la registrazione delle società ai singoli stati federali che spesso non chiedono nemmeno i documenti di identità dei fondatori. “Ricostruire i veri azionisti di società private negli Stati Uniti è più difficile che da (quasi) qualsiasi altra parte”, scrive sempre il settimanale inglese.

Alla luce di questi dati, la lotta contro i paradisi fiscali condotta con grandi proclami dagli Stati Uniti appare poco credibile. Gli stessi operatori dei paradisi fiscali si sono lamentati avvertendo un “profondo senso di ingiustizia” per le crescenti limitazioni imposte al loro operato dai grandi paesi “che predicano bene ma razzolano male” e, ancora peggio, da qualche anno a questa parte stanno minacciando il loro business.

Intanto le scatole societarie registrate in tutto il mondo, da New York a Tortola, da Londra a Vaduz e Panama, continuano a crescere indisturbate contribuendo a rendere sempre più ampio il divario tra un gruppo ristretto di ricchi e scaltri investitori e faccendieri e un numero sempre più alto di cittadini comuni, che subiscono livelli di tassazione sempre più elevati.

Visto che è difficile prevedere una seria lotta contro le società offshore e i paradisi fiscali da qui ai prossimi cento anni – se non si fa in questo periodo di gravissima crisi quando si potrà fare? – forse potremmo iniziare a batterci non tanto contro i paradisi fiscali – cosa che si è dimostrata pressoché inutile – ma, al contrario, per permettere a tutti i cittadini di trarre giovamento dall’apertura di società di comodo, magari attingendo a contributi statali. Alle Seychelles, che in questo periodo offrono sconti molto interessanti, costa meno di 450 euro a società. Un prezzo alla portata di tutti.

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