Signor Presidente, vorrei ricordare che il voto favorevole su questo Trattato sarà una pietra tombale sui diritti di umani di quei dannati della terra che sono in realtà la ragione del pagamento di centinaia di milioni di dollari alla Libia di Gheddafi. Il fatto è proprio questo: si dice di voler combattere i mercanti di schiavi e si dà la caccia agli schiavi.

Signor Presidente, per fortuna abbiamo la testimonianza costante dei deputati radicali eletti nel Pd, per fortuna ci sono persone come l’On. Sarubbi che dicono queste cose, altrimenti da questa parte dell’aula ci sarebbe un silenzio che non riesco a spiegarmi.

Signor Presidente, è già stato notato dai colleghi radicali il curioso silenzio dei media. Per le televisioni e i giornali questo dibattito non sta avvenendo. Se i media ne parlassero, la vicenda, così come si sta svolgendo, sarebbe clamorosa: dalla parte della Libia, vi sono il Popolo della Libertà e il Partito Democratico; dall’altra, contro il governo libico e contro il Trattato di amicizia con la Libia, i sei deputati radicali, due deputati del Pd, l’Italia dei Valori, l’Unione di Centro (su alcune posizioni) e alcuni deputati che usciranno dall’aula al momento del voto.

Signor Presidente, vorrei anticiparle che, in questo mondo globale, entro alcuni mesi cominceremo a sapere che cosa accade davvero nelle prigioni libiche e nella zona di mare sottoposta a pattugliamento misto, dunque a respingimento. Quando sapremo queste cose suggerisco ai colleghi del ‘corteo Gheddafi’ di preparare qualche risposta per gli italiani e per il mondo.

Signor Presidente, questo Trattato è fuori dalla Costituzione perchè nega i diritti delle persone, è fuori dalla Convenzione di Ginevra perchè abbandona i profughi e non consente il diritto di asilo; è fuori dalla Carta dei Diritti dell’Uomo perché espone a persecuzione i migranti. È fuori dall’Europa perchè nessun Paese vuole avere un ruolo accanto all’Italia in questa storia terribile.

Oggi questo Parlamento dovrà votare un trattato-ricatto con un ricattatore che non esisterà a rilanciare il gioco perché sa che i due fondamenti del Trattato sono il respingimento in mare o la cattura dei migranti e l’approvvigionamento del petrolio. Il senso di questo Trattato è che noi paghiamo i privilegi che ci garantisce con armi, somme enormi e vite umane”.

Questi che avete letto qui sopra sono frammenti del continuo, affannato intervenire alla Camera dei Deputati il giorno 20 gennaio 2009, quando ho tentato di oppormi all’approvazione quasi all’unanimità del Trattato di amicizia con la grande Jamahirrya (la Libia di Gheddafi). Quel Trattato adesso si aggiunge agli errori gravi e ai momenti oscuri della nostra Repubblica. Perché ancora oggi, con la selvaggia uccisione di Gheddafi, non sappiamo e non sapremo mai tutte le ragioni, e il vero senso di un ignobile atto diplomatico stranamente accettato in modo così silenzioso e concorde da quasi tutto il Parlamento.
Un evento di giovedì scorso mi riporta al ricordo di quel giorno, di quelle ore di estremo tentativo di sbarrare la strada al Trattato, sospetto di interessi privati, oltre che di clamorosa violazione di norme internazionali e di patti italiani pre-esistenti, oltre che di creazione di una folle alleanza militare con basi italiane a disposizione della Libia, oltre che alla istituzione, approvata e votata, del delitto di “respingimento in mare” per chi tentasse di trovare rifugio in Italia fuggendo guerre e persecuzioni.

Sto parlando della condanna definitiva della Corte di Strasburgo contro l’Italia per violazione dei diritti umani. Tale sentenza ripete, una per una, le ragioni e le tragiche previsioni degli oppositori di quella legge priva di senso umano e di senso giuridico. Nella Cancelleria della Corte il caso è rubricato come “Hirsi Jamaa contro l’Italia”, ed è fondato sul ricorso di 11 profughi somali e 10 eritrei, assistiti dal Consiglio Italiano per i Rifugiati (cito da La Repubblica, 24 febbraio) che nella notte tra il 6 e il 7 maggio 2009 furono intercettati a sud di Lampedusa e consegnati dalle motonavi italiane alle autorità libiche. Un comportamento che, secondo il verdetto unanime dei giudici di Strasburgo, ha violato l’articolo 3 della Convenzione europea sui Diritti dell’Uomo. Infatti consegnando i profughi alla Libia, l’Italia li ha esposti a due rischi estremi: la morte nelle prigioni di un Paese che non ha firmato alcuna convenzione o trattato sui Diritti umani e ha goduto della triste celebrità di non rispettarli mai. E il rischio di morte, se rimpatriati, per i profughi consegnati ai libici.
Inoltre l’Italia è stata riconosciuta colpevole del delitto di espulsione collettiva, per non aver concesso ai migranti la possibilità di richiedere il diritto d’asilo. L’Italia è stata anche condannata per avere dichiarato che “La Libia era un posto sicuro e che Tripoli rispettava i propri impegni internazionali sull’accesso all’asilo”.

Ora è bene chiarire: questo ricordare insieme l’opposizione accanita di pochi in un Parlamento stranamente succube a un Trattato disumano, ma anche assurdo, e la sentenza della Corte di Strasburgo non è una celebrazione perché ha troppe impronte di morte. Ma l’intenzione è di tenere vivo un altro allarme.
Misteriosamente il Trattato condannato da Strasburgo non è ufficialmente e formalmente cancellato. Per quanto ne sappiamo, i nuovi libici vorrebbero dimenticarlo. L’Italia, anche con il nuovo governo, sembra amare una finzione di sopravvivenza, benché i mondi di Gheddafi e di Berlusconi siano crollati per sempre. Il problema rimane. Qualcuno lo chieda, qualcuno lo dica: c’è ancora quel Trattato che ci condanna come un Paese barbaro e disumano secondo la squallida visione di Maroni, di Bossi, di Calderoli, di Borghezio, di Castelli e di ciò che resta della Lega Nord?

Il Fatto Quotidiano, 26 Febbraio 2012

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