È bufera sull’Auditel, il sistema di rilevamento degli ascolti tv che incide sulla torta milionaria degli investimenti pubblicitari. Ma anche il mondo delle radio ha avuto il suo metodo di misurazione degli ascolti. E ne è rimasto orfano. Audiradio, consorzio dei principali network nazionali, è stata messa in liquidazione quest’anno: emittenti e investitori pubblicitari non hanno trovato l’accordo sul metodo per rilevare gli indici d’ascolto. Gli amministratori non hanno firmato il bilancio 2010 e la società è stata così liquidata.

Ed ecco che l’Agcom, autorità garante delle comunicazioni, ha messo in calendario in questi giorni la resurrezione di Audiradio. Lo chiede la legge: la 249 del ‘97, che istituisce l’authority e le conferisce compiti come il “monitoraggio” delle trasmissioni radio-tv, le “rilevazioni degli indici di ascolto e diffusione dei diversi mezzi di comunicazione”, e la vigilanza “sulla correttezza delle indagini” fatte da “altri soggetti”. Norma disattesa in questi anni di assenza di dati per le radio.

La nuova società potrebbe vedere la luce in 6 mesi e i primi dati utili pubblicabili non prima del 2013. Ma la nuova Audiradio si configurerebbe come una struttura analoga a quella collassata per disaccordi tra i soci, il cui Cda era diviso in parti uguali tra emittenti private, Rai e associazioni degli investitori pubblicitari (come l’Upa, Utenti Pubblicità Associati). Proprio l’Upa sarebbe “elemento di casta”, spiega Claudio Astorri, socio fondatore di Rtl 102.5 e ideatore di Radio24. “Un’associazione smodatamente a favore della tv”, cui va “il 57% degli investimenti pubblicitari”.

Ma perché Audiradio è implosa per il disaccordo sulle metodologie di rilevamento? Fino al 2009 il sistema si basava sulle interviste telefoniche (Cati, computer aided telephonic interview) di un campione di 120mila ascoltatori. “Una dichiarazione di ricordo”, che però non dava sufficiente attendibilità sugli ascolti degli ultimi 7, 15, 21 giorni. Dopo “infinite discussioni”, racconta Vincenzo Vitelli, ex presidente di Audiradio, si è deciso di “studiare con dei test un panel più limitato”, cui somministrare un diario “da compilare attivamente nelle 2-3 settimane”: il soggetto racconta quotidianamente cosa ascolta. “Una metodologia (su un campione di 15mila unità, anche per questioni di costi, ndr.) sufficiente per le radio nazionali”, ma non “per la miriade di emittenti locali”. Per il 2010 si è quindi deciso di rilevare con il panel diari gli ascolti delle radio nazionali, con il Cati quelli delle locali. Anche questa metodologia è stata però contestata ad alcune grosse emittenti.

Si sono formati due blocchi contrapposti: i “pro-diario” (R101-Mondadori, Radio24-Sole24Ore, le radio del gruppo Espresso e Rai) secondo cui questo sistema rileverebbe meglio il pubblico adulto e i “pro-Cati” (Rtl, Rds, Kiss Kiss, Radio Italia e il gruppo Finelco con 105, Monte Carlo, Virgin). “Amplificati i dissapori tra i soci” la situazione “è degenerata”, racconta Vitelli. E la società liquidata.

Intanto i due blocchi si ripropongano quasi immutati di fronte a RadioMonitor, una ricerca Gfk Eurisko che in primavera darà di nuovo gli indici di ascolto al mercato pubblicitario. Si basa sul Cati, ma anche per la prima volta, su apparecchi meter. Persone che rileveranno nei bar, sui posti di lavoro, nei supermercati o nelle case i segnali delle radio ascoltate. Senza attentare alla privacy: vengono decrittati solo i segnali che coincidono con quello che le radio mandano in onda. Molte emittenti d’altro canto, in questi anni di vacanza di Audiradio, si sono rivolte autonomamente agli istituti di ricerca per avere ascolti da fornire al mercato. A RadioMonitor hanno aderito tutti, anche il gruppo Espresso: fuori restano Rai, Radio24 e R101, non convinte dell’efficacia della rilevazione. L’Agcom su una cosa è stata chiara: se non sarà possibile una riorganizzazione di Audiradio per i contrasti tra i vari gruppi editoriali, l’autorità incaricherà una società esterna scelta in base “a rigorosi criteri di trasparenza”.

di Angela Gennaro

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