Finora in Francia il termine “spread” non era ancora entrato con tanta disinvoltura nel linguaggio della tv e dei media in generale. Da pochi giorni, invece, non si parla di altro, come in Italia e in Spagna. Perché lo spread fra il rendimento degli Oat decennali (i titoli di Stato francesi, equivalenti dei nostri Btp, ndr) e quello dei Bund tedeschi sta macinando a Parigi un record dietro l’altro, fino a toccare i 190 punti base di oggi. Rispetto alla soglia dei 500 dello spread Btp-Bund viene quasi da ridere. Ma da ridere c’è davvero ben poco.

Il debito pubblico della Francia è classificato ancora con una tripla A da Standard&Poor’s, il massimo dei voti, riconosciuto anche dalle altre maggiori agenzie di rating. Strano, quindi, uno spread così ampio con la Germania, che pure ha la tripla A: un ‘non senso’ a livello finanziario. Vuol dire che il tasso d’interesse pagato dallo Stato francese sul proprio debito è ora del 3,683%, mentre quello sborsato a Berlino è praticamente la metà, l’1,782%. Prima di questa interminabile crisi, lo spread fra Oat e Bund era nullo. All’inizio di giugno era salito a 30 punti base e già c’era chi si allarmava sulla piazza finanziaria di Parigi. Adesso anche lo spread con i titoli degli altri Paesi europei, dotati della tripla A, si allarga inesorabilmente: oggi si sono raggiunti i 150 pb con il Regno Unito e i 124 con i Paesi Bassi.

Una settimana fa, quando per errore S&P inviò ai suoi abbonati un messaggio che annunciava il “downgrading” del debito sovrano francese (come dire la perdita della tripla A), a Parigi si gridò allo scandalo, mettendo sul gobbo di quel passo falso di Standard il successivo salire dello spread. Dopo, però, le cose sono peggiorate ulteriormente: un record dietro l’altro. Non può ancora essere per quel maledetto errore. Ormai lo spread Oat-Bund ha toccato il livello più alto dal lontano 1989. Significa che c’è dell’altro. Non solo speculazione.

C’è un deficit pubblico che a fine anno rappresenterà il 5,8% del Pil (3,7% stimato per l’Italia). Ma c’è anche un’economia reale che arranca. E dire che oggi, in realtà, da questo punto di vista era arrivata una notizia relativamente incoraggiante. Nel terzo trimestre di quest’anno il Prodotto interno lordo, è cresciuto dello 0,4%, più del previsto. Ma è uscito anche uno studio della banca tedesca Berenberg e del centro di studi europeo The Lisbon Council, che classifica i Paesi della zona euro secondo la salute e la competitività delle loro economie. E che, sui 17 Stati esaminati, piazza la Francia al 13° posto, in “buona” compagnia: al 14° si trova l’Italia e al 12° la Spagna.

Insomma, quello spread che sale traduce la sfiducia nei confronti di un’economia che non tiene più il passo, come già è successo ai due grandi Paesi vicini. E un altro problema per la Francia (e per la sua traballante tripla A) è rappresentato proprio dall’Italia. Le banche francesi sono le più esposte in Europa nei confronti dei bond italiani, anche se negli ultimi tempi ne hanno venduti a man bassa. E, poi, se l’Italia saltasse davvero e se il Fondo salva-Stati (Efsf) dovesse intervenire massicciamente a sostenerla, questo avrebbe riflessi diretti sulle finanze pubbliche di Parigi, che, dopo Berlino, è il più importante garante del fondo. In tanti ritengono che, una volta ultimate le consultazioni a Roma, se il nuovo governo italiano rassicurerà economisti e analisti delle maggiori piazze finanziarie, anche lo spread Oat-Bund dovrebbe risentirne positivamente.

Intanto c’è anche chi a Parigi getta acqua sul fuoco. Alcuni economisiti sottolineano che quel tasso del 3,683% degli Oat decennali è il doppio del corrispettivo dei Bund, ma resta tutto sommato basso in termini assoluti, ad esempio rispetto al 7% sforato dai Btp italiani. O che lo spread di 190 pb è lontanissimo dal record assoluto degli Oat decennali: 743 punti base. Era l’aprile 1982. François Mitterrand era stato eletto presidente l’anno precedente. Al governo c’erano i socialisti alleati con i comunisti, che vararono nazionalizzazioni e generosi aumenti del salario minimo. Deficit e debito pubblici partirono al galoppo. I mercati presero paura. “Colpa della sinistra”, si diceva, se lo spread saliva. Oggi, invece, al potere a Parigi si ritrova la destra. Nicolas Sarkozy fa di tutto a livello internazionale, per apparire il pompiere della crisi, assieme a Angela Merkel. Ma lo spread sale lo stesso. E continua a salire.

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