Ognuno farà le sue valutazioni sulle vicende politiche di queste ore, ma quello che non è accettabile è sentir dire che qualsiasi esito diverso da nuove elezioni sarebbe non democratico. La concezione di democrazia di chi dice una simile frase è alquanto rozza e segnala una grande propensione al populismo e alla demagogia piuttosto che alla democrazia in senso alto.

La sovranità è indubbiamente del “popolo” , ma questi la esercita “nelle forme e nei limiti della Costituzione” (articolo 1 Carta Costituzionale): se non vogliamo trasformarci del tutto in una versione europea di peronismo dobbiamo capire che anche le istituzioni non direttamente elette svolgono un ruolo fondamentale per la difesa della Repubblica (penso al Presidente della Repubblica, ma anche alla Corte Costituzionale).

La democrazia è molto di più del diritto di andare a votare chi si vuole. Le sorti del Parlamento non sono legate alla vita dei governi: un simile principio non esiste nella Costituzione anche perchè altrimenti si negherebbe l’indipendenza del potere legislativo dall’esecutivo (o almeno quel che ne rimane); non è un caso che la riforma costituzionale dello Stato più volte immaginata da Berlusconi attribuisse di fatto al Primo Ministro la possibilità di decidere la fine della legislatura (e così tenere ancor più sotto scacco i parlamentari).

E’ evidente che il sistema della fiducia mette in relazione questi due poteri, ma non devono essere confusi e non può essere ridotto al lavoro di un passacarte il ruolo centrale di equilibrio, filtro e garanzia che deve svolgere il Presidente della Repubblica. E’ il Quirinale che sceglie se sciogliere anticipatamente le camere e tale scelta evidentemente dipende dalla possibilità di formare un nuovo governo (e di qui le consultazioni che di fatto sono già in corso). Certamente la modifica in senso maggioritario della legge elettorale ha ormai da molto tempo modificato gli assetti politici, ma questo non può travolgere gli equilibri e le dinamiche previste dalla “legge delle leggi” (la Costituzione, appunto).

Se poi le leggi elettorali, e in particolare l’ultima versione degenerata (il c.d. porcellum a detta del suo stesso estensore), sono in parte incompatibili con la Costituzione, questo sarà un problema del porcellum e non certo della Carta Fondamentale del ’48. Ciò dimostra – semmai – l’urgenza non solo di modificare la legge elettorale in senso più rispettoso del principio democratico (restituendo quindi la possibilità scegliere gli eletti ai cittadini), ma anche di inserire la nuova disciplina delle elezioni nella Carta Costituzionale, così da renderla strutturalmente compatibile e condivisa da una larga maggioranza.

Lo so, sto sognando, ma una classe politica responsabile e lungimirante lo dovrebbe fare. In attesa di essa, e quindi acnor prima di un popolo italiano responsabile e lungimirante, cerchiamo di capire che la democrazia non è un sondaggio, non è uno scontro di tifoserie o una gara di proselitismo e propaganda. La democrazia è un bene fragile e prezioso. E non è sempre è quello che pensiamo che sia. Talvolta dietro chi invoca il popolo e la democrazia si nasconde il loro primo nemico.

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