Il giorno dopo gli scontri vicino piazza Tahrir, che hanno portato all’uccisione di almeno 26 cristiani copti da parte delle forze di sicurezza, l’Egitto si interroga su quanto è successo.

La versione ufficiale recita che la polizia e l’esercito hanno reagito a un attacco lanciato dai cristiani copti in piazza per protestare contro l’ennesimo rogo di una chiesa nell’Egitto meridionale. Ma questa ricostruzione convince sempre meno. Lunedì mattina Osama Heikal, ministro dell’Informazione del governo provvisorio (che assieme al Supremo consiglio militare sta gestendo il dopo-Mubarak in attesa delle elezioni), ha detto che “non c’è certezza” sul fatto che i manifestanti abbiano effettivamente assalito le forze dell’ordine. Gli scontri sono scoppiati quando il corteo, composto da alcune migliaia di persone e fino a quel momento del tutto pacifico, si è diretto verso la zona di Maspiro, sede della televisione di Stato. A quel punto, secondo la versione dei copti, il corteo è stato assalito da non meglio identificati “vandali” che hanno poi ingaggiato scontri con i poliziotti e i soldati che hanno a loro volta aperto il fuoco, uccidendo 26 persone e ferendone quasi trecento.

In mezzo alla folla, peraltro, non c’erano solo egiziani copti, ma anche molti cittadini musulmani preoccupati, come i loro connazionali cristiani, per la piega che stanno prendendo gli eventi nel Paese. Dopo gli scontri e nella giornata di lunedì, scrive l’agenzia di stampa egiziana Mena, le autorità egiziane hanno arrestato 25 persone indicate come “istigatori del caos”, senza però rendere noti altri dettagli sulla loro identità. Il Consiglio supremo militare ha anche annunciato che le persone arrestate per gli incidenti di ieri saranno processate dai tribunali militari, nonostante il generale Hussein Tantawi, capo dell’esercito, si era piegato alle proteste della piazza e aveva annunciato sabato la fine dell’uso della corte marziale per processare i civili.

Essam Sharaf, primo ministro del governo provvisorio, ha convocato una riunione di emergenza del governo per valutare la situazione e ha lanciato un appello alla calma, visto che la comunità copta ha già annunciato nuove proteste. “A nessun gruppo sarà consentito di manipolare la questione dell’unità nazionale – ha detto Sharaf in un comunicato – Né di rallentare il processo di transizione democratica”. Un’allusione nemmeno troppo velata a quello che molti in Egitto considerano essere il lavoro dei gruppi di potere rimasti fedeli all’ex presidente Hosni Mubarak.

L’esempio più prossimo di questo gioco sporco (il cui obiettivo è far deragliare il processo democratico e rivoluzionario) è quanto successo ad Alessandra d’Egitto all’inizio di quest’anno, già in clima di rivoluzione, quando una chiesa copta venne data alle fiamme. Le indagini appurarono poi che il rogo era stato appiccato dagli scagnozzi dell’allora ministro dell’interno Habib el Adly, ora nella prigione di Tora e sotto processo per la repressione delle manifestazioni della Primavera di piazza Tahrir (circa mille morti).

Per cercare di far scendere la tensione, alcune personalità della chiesa copta si sono incontrate con alti rappresentanti dell’islam sunnita nella sede dell’Università di Al Azhar, al Cairo, mentre Amr Moussa (ex segretario della Lega araba e uno dei candidati alle prossime presidenziali) ha invitato altri candidati a un incontro politico per discutere una reazione comune alla minaccia di scontri interni.

Alcuni, come lo scrittore Alaa al Aswany – che ha aggiornato la sua pagina su Twitter per tutta la notte, dai luoghi degli scontri e poi dall’obitorio dove venivano portate le vittime – non hanno dubbi: ad alimentare una divisione “religiosa” di cui ben pochi egiziani sentono il bisogno e riconoscono il fondamento, sono “le iene” della controrivoluzione che non perdono occasione per macchiare l’immagine della transizione egiziana e soprattutto far vacillare il consenso internazionale di cui finora ha goduto grazie al coraggio di milioni di persone che hanno sfidato il regime.

“Avremo una idea chiara di quello che è successo nei prossimi giorni, dopo che gli animi si saranno calmati – scrive Issandr el Amrani sul blog The Arabi – Per ora quello che emerge dai video della manifestazione è che se anche i manifestanti sono stati aggressivi, la reazione dell’esercito è inaccettabile. E fin troppo simile alle immagini che abbiamo visto a gennaio di quest’anno”.

di Joseph Zarlingo

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