Senza incentivi pubblici agli inceneritori, “la situazione degli investimenti è in stagnazione, pochi termovalorizzatori sono stati costruiti negli ultimi cinque anni e praticamente nessun nuovo impianto è stato programmato”. Federambiente, l’associazione che riunisce le aziende del settore rifiuti, presieduta da Daniele Fortini, amministratore delegato della municipalizzata di Napoli (Asia), va alla carica. E chiede che il Parlamento preveda nuovi aiuti pubblici all’incenerimento di rifiuti, come si legge nella bozza di un documento destinato alla Commissione bilancio che ilfattoquotidiano.it ha potuto visionare.

Una richiesta che arriva nonostante tra il 2007 e il 2008 la normativa sugli intentivi all’incenerimento dei rifiuti attraverso i cosiddetti “Cip6” e i “Cerificati verdi” sia stata rivista, a seguito delle indicazioni dell’Unione Europea che già aveva aperto procedimenti d’infrazione contro l’Italia. Rispettando sia le norme Ue che il Trattato di costituzione dell’Ue in tema di libera concorrenza, erano stati così banditi gli aiuti economici alla combustione della parte non biodegradabile dei rifiuti. Una decisione che aveva soddisfatto le richieste delle associazioni ambientaliste, tra cui Greenpeace e Wwf.

Senza incentivi economici però il business degli inceneritori rischia di non essere conveniente. Una previsione confermata dal grido di allarme di Federambiente, che nel documento in preparazione pone “l’attenzione sulle difficoltà che stanno investendo gli impianti di termovalorizzazione realizzati, ristrutturati o ampliati nel periodo interessato dalle modifiche normative sul tema dell’incentivazione dell’energia da fonti rinnovabili e sull’individuazione delle procedure per il calcolo della parte rinnovabile”.

Da qui la richiesta di Federambiente di una “rapida approvazione dei criteri d’incentivazione previsti dal nuovo quadro normativo”. Federambiente nel suo documento parla di “investimenti di cui il paese ha drammaticamente bisogno”, riferendosi ai termovalorizzatori, senza fare cenno a tecniche di gestione dei rifiuti alternative. Come quelle del centro riciclo modello di Vedelago (Treviso), dove scarti plastici e cartacei un tempo non differenziabili vengono trasformati in sabbie sintetiche.

Nel documento, poi, Federambiente si prepara ad avanzare proposte che hanno lo scopo di rendere vana la contrarietà di Comuni e Province alla realizzazione di nuovi impianti (la provincia di Lucca ha recentemente programmato la chiusura di tutti gli inceneritori e lo stesso ha fatto quella di Reggio Emilia). Si legge nel documento: “Non esiste ad oggi alcuna credibile ‘sanzione’ per le amministrazioni che, pure a fronte della legittimità delle richieste di autorizzazione e della bontà dei progetti, rallentano o bloccano il processo autorizzativo per un malinteso e spesso ingiustificato senso del diniego precostituito a qualunque iniziativa che possa suscitare opposizione sul territorio”. Ecco allora la proposta dell’associazione: “Se una Provincia non rilascia l’autorizzazione o non fornisce un diniego motivato entro i tempi stabiliti, le subentra la Regione; se entro tempi prestabiliti il processo non è ancora concluso, i poteri degli enti locali sono surrogati dall’amministrazione centrale dello Stato”.

Sul piano politico intanto è già iniziata la battaglia. I consiglieri regionali del Movimento 5 Stelle di Emilia Romagna e Piemonte Giovanni Favia e Davide Bono stanno preparando mozioni dove chiedono alle rispettive Regioni “d’intervenire per bloccare questo scempio contro le norme Ue e l’autogoverno del territorio”. “Se riusciremo a trovare cinque firme, presenteremo anche un’ordine del giorno urgente – spiega Bono –. Per questo in Piemonte cercheremo l’appoggio anche di consiglieri di Prc, Sel e Idv. Non può passare una follia così. Comunque è chiaro che senza gli incentivi pubblici, cioè le nostre tasse, gli inceneritori crollano tutti”.

di Mattia Incerti

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