Gheddafi e Bashar al Assad in un incontro del marzo 2008

Vertice Onu a Ginevra per parlare della situazione in Siria, dove le proteste contro il regime di Bashar al Assad vanno avanti da marzo. “Fino ad oggi oltre 2.200 persone sono state uccise. Di queste 350 solo dall’inizio del Ramadan”, ha dichiarato il presidente del Consiglio dei diritti umani dell’Onu, Navi Pillay. Il bilancio precedente parlava di un numero oscillante fra i 1.900 e i 2.000 morti. “Le forze di sicurezza e militari continuano a impiegare un uso eccessivo della forza, compresa l’artiglieria pesante, per stroncare pacifiche manifestazioni e riprendere il controllo sugli abitanti di varie città” prosegue la Pillay. Proprio ieri il presidente siriano era apparso in tv (nel quarto intervento televisivo dall’inizio delle contestazioni) per annunciare possibili elezioni nel 2012, ma ammonendo la comunità internazionale su un suo eventuale intervento in Siria.

Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon dice: “Stanno valutando la situazione. Assad non ha mantenuto la sua parola, non ha fermato le operazioni militari”. Pochi giorni fa, in un colloquio telefonico, il presidente siriano aveva assicurato al segretario Onu che le operazioni “erano già terminate”. Questa settimana, i Paesi occidentali in Consiglio di Sicurezza hanno intenzione di proporre l’approvazione di una risoluzione per imporre sanzioni contro il regime di Damasco e, forse, anche per chiedere il deferimento della situazione in Siria alla Corte Penale Internazionale (Cpi) che ha sede all’Aja. Il testo è stato messo a punto dalla Gran Bretagna, d’intesa con gli altri paesi europei in Consiglio (Francia, Germania e Portogallo), con l’appoggio degli Stati Uniti. Ma Russia e Cina, che hanno potere di veto, potrebbero bloccare l’iniziativa. Nemmeno Brasile, India, Libano e Sudafrica appoggiano l’idea di sanzioni internazionali.

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