Il presidente siriano, Bashar al-Assad

“Non accettiamo interferenze estere sulle nostre terre. Chi vuole la guerra dalla Siria, l’avrà”.  Il presidente siriano, Bashar al-Assad finalmente pronuncia il tanto atteso discorso alla nazione nel corso di una riunione del parlamento di Damasco e trasmesso in diretta tv. “Stiamo affrontando dei complotti contro il nostro paese ma li supereremo, un grande complotto non solo esterno ma anche interno. Ma non tutti coloro che sono scesi nelle strade ne sono parte”, attacca. Il presidente declina ogni responsabilità per le violente repressioni delle manifestazioni di protesta a Daraa, che avrebbero fatto almeno 150 morti secondo l’opposizione. Dà la colpa ai media panarabi, senza citare Al Jazeera, e minaccia chi ventila improbabili interventi in stile libico: “Chi vuole la guerra, l’avrà”. La “carota” delle riforme viene offerta a metà, nessun cenno al gesto più atteso la revoca di quella legge d’emergenza che dal ’63 tiene il paese sotto il tallone di ferro del controllo militare.

“Speriamo che i fatti recenti accaduti nei paesi arabi possano dare maggiore sostegno alla causa palestinese. Sul fronte interno la struttura del paese sta crescendo. Dobbiamo ritornare a lavorare in modo strutturato per dare maggiore stabilità alla Siria. Abbiamo assistito a quanto accade nel mondo arabo – afferma Assad – noi non siamo isolati dal mondo arabo ma siamo diversi da altri paesi. “.

Per placare le proteste, Assad tenta la carta della riforma o almeno delle promesse. “Ha ragione chi pretende il cambiamento subito, noi siamo in ritardo ma cominceremo da oggi. E’ dovere dei governi ascoltare le rivendicazioni del proprio popolo”. Le riforme, promette il presidente, “cominceranno da oggi” anche se  “abbiamo lavorato seguendo alcune priorità, la legge sui partiti e quella sullo stato d’emergenza erano già allo studio del parlamento”. “Stavamo già lavorando alle riforme – aggiunge – ma seguendo un metodo, perché le riforme non sono una campagna stagionale”. Assad ribadisce che lo Stato “non può sostenere il caos dei giorni scorsi” e che la situazione nel paese “è tornata alla normalità”.

“La regione di Daraa è nel cuore di tutti i siriani, la gente non ha alcune responsabilità per quello che è successo. Ho dato chiare disposizioni per non ferire alcun cittadino. Mi dispiace per le vittime, e mi
sento triste per loro, indagheremo sugli eventi che hanno provocato la morte dei nostri concittadini. Chi ha sbagliato pagherà”, sottolinea Assad dicendo che i video amatoriali degli scontri “sono tutti falsi”. “Le Tv panarabe, messaggi via sms, da settimane fomentano la sedizione”, aggiunge. Durissimo l’attacco, anche se non esplicito, ad Al Jazeera: “Parte della colpa è di chi su Internet e in tv ha falsificato le notizie. Le divisioni sono iniziate settimane fa attraverso i canali satellitari”.

“Neanche una scusa per la strage di Daraa, neanche una promessa concreta di riforme”. In un caffè di Damasco, un giovane siriano che ha appena ascoltato in tv il discorso pronunciato dal presidente Bashar al-Assad, il primo dall’esplodere delle proteste nel paese, racconta così il suo stato d’animo al corrispondente del Guardian. La delusione è palpabile dalla capitale fino a Daraa, e il ritorno dei manifestanti in piazza si fa un’ipotesi sempre più concreta. “Questa è la fine della Siria – continua il giovane – Questo atteggiamento riesce solo a irritarci di più, avrebbe almeno dovuto scusarsi per tutti quei morti”. E’ a Daraa, nel sud, che le manifestazioni per la democrazia hanno raggiunto un picco di violenza, in seguito alla dura repressione delle forze di sicurezza. “Il discorso è stato privo di senso e ha solo dato alle forze di sicurezza il via libera per continuare la loro oppressione del popolo”, commenta un abitante di Daraa alla testata britannica.

Assad ha promesso l’avvio di un processo di riforma e un aumento degli stipendi, ma non c’è stato il tanto atteso annuncio sull’abrogazione immediata delle leggi sullo stato d’emergenza, in vigore nel paese dal 1963. “Assad sa solo usare lo spauracchio del settarismo per incitare i siriani a odiarsi a vicenda”, aggiunge l’abitante di Daraa.  Tra gli stessi iscritti al partito Baath del presidente, serpeggia la delusione. “Tanti baathisti questa mattina si felicitavano per l’imminente rimozione dello stato d’emergenza – racconta un imprenditore cristiano – Ma ora si presentano al popolo a mani vuote”.

Secondo un analista locale, a spingere Assad a concedere così poco al suo popolo – che pure nutriva grandi aspettative sul discorso di oggi, dopo che ieri il governo ha dato le dimissioni – sono state le dichiarazioni di sostegno arrivate da tanti paesi vicini. “Questo gli ha permesso di fare pochissime concessioni – ha detto l’analista a condizione di anonimato – Le riforme sono state citate nel quadro di un piano che è già in corso d’opera. In questo modo Assad ha affermato che non sta reagendo al malcontento del popolo, sottintendendo che questo malcontento non c’è”. Per gli attivisti, le scarse promesse di Assad non fanno altro che alimentare il fuoco delle proteste, che potrebbero riesplodere presto. “Assad deve andarsene, non c’è altra soluzione”, scrive uno degli iscritti alla pagina Facebook ‘Syrian Uprising 2011’. E su Twitter rimbalza il messaggio: “Assad non ha detto nulla, assolutamente nulla. Questo è solo l’ennesimo discorso di un dittatore arabo”.

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