Via lo svizzero, arriva il francese. Unicredit sceglie il nuovo capo della divisione corporate e pesca Oltralpe il manager Jean-Pierre Mustier, ex ragazzo prodigio di Société Générale, meglio nota come SocGen. Mustier prenderà il posto del ticinese Sergio Ermotti, considerato un fedelissimo dell’ex numero uno Alessandro Profumo, uscito di scena tra mille polemiche nel settembre scorso.

La decisione verrà formalizzata già oggi al consiglio di amministrazione dell’istituto guidato da Federico Ghizzoni e le fonti ufficiali sottolineano che il manager transalpino avrà il compito di riavvicinare le attività della divisione corporate al mondo delle imprese. Tradotto, significa che dopo i tanti eccessi finanziari del passato, Unicredit vuole rilanciarsi come una banca al servizio dell’economia reale. Insomma, i tempi sono cambiati, la finanza fine a se stessa non va più di moda e quindi bisogna tirare il freno sulla speculazione.

Tutto bene, se non fosse che Mustier è accompagnato da una fama che mal si concilia con i buoni propositi espressi dal suo nuovo capo Ghizzoni. Anzi, per quasi dieci anni, tra il 1998 e il 2007, l’ultimo acquisto di Unicredit si è conquistato i titoli della stampa specializzata come un campione della turbofinanza. Un profeta del rischio, premiato da compensi per decine di milioni di euro, che è riuscito a cavalcare alla grande il boom degli strumenti derivati. Gli stessi che tra il 2007 e il 2008 hanno innescato il crack mondiale dei mercati.

Dopo una carriera a passo di carica, tutta interna a SocGen, l’enfant prodige della finanza, classe 1961, doppia laurea in ingegneria alle due più prestigiose università francesi, finisce nella polvere alla fine del 2007 per il caso di Jerome Kerviel. Ovvero il giovane trader che, incredibilmente, riuscì tutto da solo a scavare un buco da 5 miliardi di euro nei bilanci della banca francese accumulando posizioni speculative per l’incredibile somma di 50 miliardi. Kerviel lavorava nella divisione diretta da Mustier, che, almeno in teoria, avrebbe avuto la responsabilità ultima del controllo. Il processo che si è concluso nell’ottobre scorso ha però scagionato i vertici di Socgen, condannando il solo Kerviel a cinque anni di carcere e 5 miliardi di risarcimento. 

Travolto dagli avvenimenti, Mustier, che si è sempre dichiarato all’oscuro delle attività del trader infedele, aveva comunque il destino segnato. Nella primavera del 2008 lascia la poltrona di capo del corporate and investment banking, ma rimane nella banca fino all’agosto del 2009, quando è costretto alle dimissioni per effetto di una condanna per insider trading, cioè l’abuso di informazioni privilegiate in Borsa. L’autorità di controllo francese lo ha accusato di aver venduto 7.000 titoli SocGen nell’agosto 2007 poco prima che cominciasse ad emergere il bubbone dei mutui subprime. 

Il problema di Mustier, infatti, non si chiama solo Kerviel. Il banchiere appena assunto da Unicredit ha gestito in prima persona l’espansione dell’istituto parigino sul ricco (a quei tempi) mercato degli strumenti derivati. Ovvero prodotti finanziari assai complessi, legati a titoli a reddito fisso e, in ultima istanza, ai prestiti immobiliari. Quando la bolla speculativa è esplosa, SocGen è stata costretta a far fronte a perdite per oltre 3 miliardi di euro nella divisione diretta da Mustier. Perdite in gran parte legate ai mutui subprime. A quei tempi Unicredit seguì molto da vicino le traversie della banca francese. E non solo perchè SocGen, sin dalla privatizzazione degli anni Novanta, ha sempre detenuto una piccola quota nella banca che fu di Profumo. All’inizio del 2007, con Unicredit da poco reduce dalla maxiacquisizione della tedesca Hvb, sull’asse Milano-Parigi si ragionò su una possibile fusione tra i due istituti. Un’ipotesi che si è riproposta anche un anno dopo, quando SocGen era a caccia di denaro fresco dopo la catastrofe Kerviel.

Dei guai francesi deve avere un qualche ricordo anche Fabrizio Palenzona, vicepresidente di Unicredit nonché uomo forte della torinese Fondazione Crt. Quest’ultima aveva a suo tempo investito parecchie decine di milioni nella banca di Mustier di cui è rimasta azionista con l’1 per cento anche dopo i disastri del 2007-2008. A quanto sembra, però, la travagliata carriera del manager francese non ha pesato granchè sulla sua candidatura alla successione di Ermotti. Anzi, la versione ufficiale recita che la scelta è arrivata al termine di una lunga selezione affidata a un’agenzia di cacciatori di teste. E Mustier alla fine ha vinto. Con buona pace delle perdite miliardarie.

Da Il Fatto Quotidiano del 10 febbraio 2011

Articolo Precedente

Emilio Gnutti, il “capo dei furbetti” graziato dai nuovi padroni di Hopa

next
Articolo Successivo

Dario Galli, leghista e banchiere a Parigi. “Nessun problema”, ma la notizia sparisce

next