Quando osservo Diletta mi accorgo che a dispetto della sua malattia e della sua condizione di grave disabilità, sta crescendo.

Quando devo lavarla, vestirla, condurla in qualunque posto, organizzare una vacanza, gestire un periodo di festa come quello appena trascorso, mi accorgo che la mia forza e la mia energia invecchiano di pari passo alla sua crescita.

Mentre cerco di crescere le mie figlie attraverso strumenti che possano offrire loro le migliori opportunità mi chiedo cosa accadrà a Diletta il giorno in cui io non ci sarò o non sarò più in grado di condurre guerre così faticose.

Contare su chi?

In questi giorni la cerchia di auguri, lo scambio di parole che alleviano la fatica dei servizi interrotti, mi ha portato a leggere un blog che voglio usare come spunto ad una questione aperta, difficile ma tanto importante.

Dal blog :

Mi presento

Mi chiamo Marina Cometto, sono mamma da 37 anni di una creatura con disabilità, in tutti questi anni ho imparato, gioito, sofferto, organizzato, amato, “ingoiato bocconi amari” nella considerazione che tutto ciò facesse parte di una “vita diversa” come la società collocava allora, e purtroppo spesso ancora oggi, le famiglie che affrontavano questa realtà, spesso senza che nessuno consigliasse, aiutasse, sostenesse nelle scelte, negli ostacoli quotidiani, nelle opportunità.

Ho imparato anche, specie da quando la “rete” ha iniziato a far parte della mia vita, aumentando certo gli impegni che già erano superiori  alle vite comuni, a confrontarmi, informarmi maggiormente, interloquire con i media on-line, con giornalisti del sociale, con le istituzioni, con persone che vivevano la disabilità e credo di essermi fatta un bagaglio culturale sul campo.

Se fossi andata all’università, se fossi diventata medico, insegnante, psicologo, infermiera, assistente sociale avrei sicuramente avuto un’attenzione maggiore da parte della società, perché i titoli offrono prima ancora che vera competenza, rispetto, visibilità e opportunità.

Ma è la vita, la vita realmente vissuta in prima persona che permette di imparare, conoscere, valutare, pensare, creare  ogni giorno quel cammino, quell’impegno che possa fare crescere nel rispetto dei desideri e speranze che le persone protagoniste di queste vite da “marziano” hanno, spiegano, esprimono, molte volte, troppe in verità,  senza trovare l’attenzione che meritano.

Perché questo blog: preambolo

Quando ho iniziato a vivere la disabilità di mia figlia ero una giovane e inesperta mamma di 23 anni, avevo già una bambina, avevamo una vita modesta ma felice, un marito, un tetto sotto cui vivere insieme ai nostri figli e tante buone prospettive per il futuro.
Non conoscevo la disabilità se non per sentito dire e certamente mai avrei immaginato di entrare a fare parte di questa schiera di cittadini a cui tutti guardavamo (che ignoranza) con disagio, pietà e sospetto.

Poi il destino, la sorte, la volontà divina, ognuno pensi come crede, ci ha catapultato in questo deserto sociale, non si è mai pronti a diventare buoni genitori, non esiste una scuola per questo, e diventarlo di una creatura con disabilità si è pronti ancora di meno, il dolore, lo sgomento, l’incredulità toccano i nostri sentimenti più profondi e non lasciarsi travolgere dai pensieri più oscuri non è facile né scontato.
Molte famiglie conosciute in questi anni, 37, hanno dovuto ricorrere all’aiuto psicologico per elaborare e superare il “lutto” che la nascita di un figlio con disabilità presenta, per alcuni è stato più facile, per altri meno, per altri ancora la serenità non ha mai avuto il sopravvento sulla disperazione.

Ho conosciuto centinaia di famiglie personalmente, molte altre solo in modo virtuale, ma comunque il confronto è stato  possibile, ci siamo scambiati informazioni, consigli, aiuti vari e abbiamo constatato che tra le varie negatività presenti nelle nostre vite di “famiglie disabili” ve ne è una che consideriamo di primaria importanza, anzi fondamentale “la riabilitazione” motoria, logopedia, cognitiva.

In Italia di fatto la riabilitazione quasi non esiste, specie per l’età evolutiva, in troppi pensano e credono che quando la disabilità è complessa a causa di malattie genetiche, metaboliche, traumatiche etc etc, non sia il caso di predisporre un piano riabilitativo efficiente, perché “tanto non serve”, i nostri figli, specie i più gravi vengono considerati pesi  costosi e improduttivi, quindi perché impegnare denaro, tempo e professionalità per recuperare quel poco che per molti di loro significa solo riuscire a tenere in mano un bicchiere per bere, oppure riuscire a fare qualche passo sul deambulatore, per altri ancora riuscire a emettere un suono per significare che desidera qualcosa, poche cose insignificanti per la maggior parte delle persone, ma importantissimi per noi genitori e per i nostri figli, ogni loro piccolo progresso che li possa aiutare a sentirsi partecipi della società per noi è  pietra miliare, per l’economia, la sanità e la politica sono soldi sprecati e per questo i nostri figli vengono penalizzati ulteriormente nella loro qualità di vita.

Da quanto ho creato l’associazione a sostegno delle famiglie con figli disabili gravissimi che porta il nome di mia figlia  e iniziato  a conoscere meglio la realtà di vita di tante altre famiglie , patologie che fino ad allora mi erano sconosciute, ho incontrato  bambini tracheostomizzati, alimentati artificialmente,  aiutati a comunicare  con  pulsanti, programmi per computer, o anche solo attraverso un sorriso o batter di ciglia; spesso sento dire dai genitori  che nonostante la prescrizione di Centri qualificati  che attestano la necessità di sedute di fisioterapia domiciliare e ambulatoriale, di logopedia , si sentono rifiutare le prescrizioni perché le ASL non hanno il personale disponibile o professionalmente preparato, Le famiglie non sanno come comportarsi, molti si ribellano e si rivolgono alla legge, altri  pagano la riabilitazione  privatamente sottraendo alla famiglia molte delle risorse finanziarie, altri  si rassegnano e oltre al dolore per le condizioni del proprio figlio si “abbruttiscono” e vedono il mondo intorno a loro come nemico, distante e insensibile, la loro vita diventa a questo punto molto triste e “invertire la marcia” quasi impossibile, la “rabbia”per quanto la vita ha loro riservato passa anche da questa strada e è la più impervia.

La riabilitazione quando è prevista consente 2-3 sedute di fisioterapia alla settimana, domiciliare o ambulatoriale, spesso a cicli, ora anche con costosi ticket, la logopedia non viene intesa anche come possibilità di “costruire” forme di comunicazione alternative alla forma verbale, le tecniche conosciute come la CF (comunicazione facilitata) la CAA (comunicazione aumentativa alternativa) non sempre vengono eseguite anche con collaborazione tra sanità, istruzione, famiglia. Siamo in un caos totale. Un deserto sociale.

In Piemonte non esiste un Centro riabilitativo dell’età evolutiva, un Centro dove siano previste varie tecniche riabilitative inclusa l’ETC (sconosciuta ai più) l’ippoterapia, e molte altre che la sanità pubblica non riconosce e non offre, le famiglie che lo desiderano si devono far carico economicamente di questo impegno e è inaccettabile che solo per motivi economici ci siano bambini a cui queste opportunità vengano negate.

Mia figlia Claudia a causa di molte carenze, di inesperienza da parte nostra come genitori, di fiducia immensa che abbiamo posto nel prossimo inteso come sanità, istruzione, umanità, ha perso “molti treni” che le hanno rubato molte opportunità e possibilità di far parte della vita intesa come inclusione, partecipazione, e cittadinanza, non posso più fare nulla per lei se non amarla, offrirle il conforto della famiglia, farle riconoscere il diritto alle cure, cercare di offrirle un dopo di noi adeguato.

Vorrei riuscire a fare emergere la problematica riabilitativa e cercare nel mio piccolo di dare un contributo affinchè  questo stato di cose  cambi: forse con questa mia iniziativa riuscirò a coinvolgere più persone se in molti condividerete.

Se riuscirò a risvegliare l’attenzione  di chi vive questa realtà e farlo diventare partecipe.
Se riuscirò a risvegliare il senso di condivisione  di chi non conosce questo argomento.
Se riuscirò a fare capire che non è l’integrità fisica o mentale a fare “persona”  un essere umano, Se riuscirò  coinvolgere Comuni, Enti, società civile  in un progetto che sia ricchezza sociale e non mero profitto personale.
Se riuscirò sarà un successo per tutti, per i bimbi, le mamme, i papà, i fratelli, le sorelle, per la società.
Non mancheranno le critiche, di questo ne sono consapevole, ma solo chi non osa non sbaglia mai, io ho imparato da Claudia che osare è dovere, diritto, vita. Se è vero che la speranza come scrisse Neruda ha due figli lo sdegno e il coraggio io li faccio miei, lo sdegno per come vanno le cose, il coraggio per cambiarle.

Il progetto

Per creare un Centro riabilitativo dell’età evolutiva in Piemonte servono soldi, terreni, personale, io non ho nulla di tutto questo, ma ho una vita da raccontare, 60 anni, non pochi, e non  facili, ma istruttivi e determinanti che hanno fatto di me la persona che sono oggi.

Io inizierò a scrivere e raccontare  la mia modesta vita suddivisa, come spesso capita di dire noi genitori tra la mia vita precedente riferita a quella vissuta prima che Claudia ve ne entrasse a fare parte e la mia vita con la disabilità per raccontare le avventure, disavventure, speranze, sconfitte, vittorie vissute insieme a lei, non mi sono preoccupata di cercare un editore che pubblicasse questa mia nuova fatica letteraria che spero desti interesse, perché se composto nel silenzio, se non pubblicizzato, se non fatto conoscere dai media non avrebbe il significato che desidero e spero, per cui scriverò, inizierò nei prossimi giorni a pubblicare una pagina al giorno di questa mia avventura.

Anche se … “E’ impossibile” disse l’Orgoglio. “È rischioso” disse l’Esperienza. “È inutile” tagliò la Ragione . “Provaci” sussurrò il cuore! Io ascolto il cuore e ci provo.

Marina Cometto

Mi unisco a questa mamma , perché non è solo il Piemonte ad avere questi problemi. Sarebbe auspicabile che in ogni luogo potesse nascere un centro di questo tipo.

Sarebbe auspicabile poter intraprendere dei servizi di questo tipo non sotto forma di pietra miliare , risultanza della volontà di ferro di 60 anni di sopravvivenza.

Sarebbe bello nell’era moderna, riuscire ad essere in grado di garantire una società civile e rispettosa del diritto alla vita dignitosa per ognuno.

Buon anno a chi con noi vuole credere e vuole combattere per contribuire a far si che un sogno diventi consuetudine.

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