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Emergenza rifiuti, quando la storia non insegna

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All’università ho studiato storia. Ci si raccontava che chi la conosce evita di commettere gli errori di quelli che ci hanno preceduto. Ho fatto l’università a Napoli negli anni immediatamente successivi al “rinascimento” di Antonio Bassolino, in quelli in cui, con la chiusura delle prime discariche provinciali, si iniziava ad avvitare su sé stessa l’emergenza dei rifiuti campana.
Ho ben chiaro che, al di là di quello che dimostrerà il processo che i pm Noviello e Sirleo stanno portando avanti al tribunale partenopeo, è evidente di come la risposta “industriale” data ad un problema di semplice amministrazione pubblica (lo smaltimento dei rifiuti)  sia stata molto più che sbagliata. E ho anche chiaro che questo piano “industriale” era stato dato “chiavi in mano” a una importante impresa, nazionale e internazionale, che ha nome Impregilo.

Secondo il bando di gara, affidato ben dieci anni fa a Impregilo, entro il 31 dicembre del 2000, sarebbe stato costruito l’inceneritore per i rifiuti, perno del piano regionale per il trattamento dell’immondizia. Anche prima – sarebbero bastati 300 giorni – si sarebbe provveduto alla costruzione dei sette cdr, che avrebbero confezionato l’unico prodotto che quel “termovalorizzatore” avrebbe potuto bruciare: il “Combustibile Derivato dai Rifiuti”.
Certo, la storia ricorda, la commissione tecnica che esaminò quei progetti, ritenne che quello presentato da Impregilo contenesse “informazioni scarse e in più punti insufficienti e inconsistenti”, “diffusa carenza di dati tecnici”, pagine descrittive sugli impianti di cdr “per larga parte identiche e ripetute tre volte”. Eppure la gara fu vinta sui due requisiti del minor tempo richiesto per la realizzazione degli impianti (sic) e del minor impatto del prezzo richiesto per ogni tonnellata di rifiuti bruciata. E gli impianti vennero costruiti tardi e male (tanto che l’inceneritore ha un annetto di vita e funziona a singhiozzo e i cdr, gran produttori di ecoballe, non produssero mai cdr, tanto che oggi sono stati riconvertiti in stir – dei gran trituratori di immondizia).

Ecco, se oggi vedo i siti di stoccaggio temporaneo di mezza Campania grondanti percolato, gli sversatoi di Ferrandelle, o il rimestaggio dei rifiuti di Maruzzella, per non dire dei sei milioni di tonnellate di ecoballe impilati in quel di Taverna del Re a Giugliano, penso che in dieci anni Impregilo non sia stata in grado di fare il suo lavoro.
Se ascolto Silvio Berlusconi consigliare “da imprenditore”, di affidare la costruzione degli altri due inceneritori di rifiuti previsti per la Campania alla stessa Impregilo, penso che non abbia compreso nulla dalla storia, e che i miracoli e gli imbrogli si possono comunque vendere una sola volta.

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