Se si entra in una bisca non si può pretendere che si giochi pulito! E le selezioni pubbliche si presumono truccate ma si confermano tali appena i controlli verificano i tempi di un concorso. Come ben risulta fin da quelli per magistrato. Da chi si ricorre poi se iudex si diventa in tal modo?

Si legga Le toghe ignoranti (L’espresso 9.9.2010) dove l’avvocato penalista di Asti Pierpaolo Berardi ricorda il calvario per la ricerca della verità su imbrogli a catena per commettere prima e occultare poi la serie di illeciti fatti da magistrati e politici che lo bocciarono nel concorso in magistratura svoltosi nel maggio 1992; lo boicottarono intralciandone i ricorsi per ben 16 anni: il 30 aprile del 2008, però, il plenum del Csm riconobbe che gli elaborati dell’avvocato Berardi non furono mai esaminati dalla commissione: l’organo di controllo dei giudici dei futuri giudici, il Csm, riconobbe il falso ideologico presente nel verbale, che invece affermava esservi stato l’esame delle prove scritte. Conseguenza in relazione a questo deliberato: nessuna. Intanto gli elaborati di un candidato vincitore, certamente esaminati, sono spariti dagli archivi del ministero: il padre è un magistrato ora in pensione, la mamma e il fratello magistrati in servizio; i cugini sono anch’essi magistrati; uno aveva superato il concorso del ’92, l’altro fuori ruolo al ministero ebbe l’incarico di esaminare un esposto dell’avvocato Berardi sul concorso, intanto vinto dal fratello e dal cugino…

Nel nostro volume Medicina Diritto Comunicazione (Giuffrè Milano 2005) scrivevamo…

«L’attività dei seri ricercatori, la formazione dei giovani studenti, la memoria dei grandi maestri sarebbero meglio garantite se si provvedesse ad una più seria verifica (i concorsi sarebbero pubblici…) della idoneità oltre che della capacità di chi aspira ad indossare una toga.
Non meno coraggiosa la denuncia dell’avvocato Pierpaolo Berardi nata nel 1992, anno in cui consegnò i propri scritti al concorso per magistrato, grazie alla legge 241 del 1990 che gli ha consentito di verificare con quale fraudolenti trucchi e impudichi marchingegni arraffarono la toga molti candidati (gli scritti sarebbero da pubblicare e studiare per far comprendere le ragioni reali di alcune disfunzioni della giustizia…). Su tale indagine vi sarebbe stato il silenzio-stampa (di fronte a fatti simili non c’è destra o sinistra che tenga…) se non avessero ritenuto di rendere pubblica questa vicenda – che a ragione si può definire storica – due giornalisti che onorano la professione e che riteniamo doveroso citare: Massimo Numa
(La Stampa del 9 settembre 2004 a pag. 12, Lo strano concorso che fa tremare trecento magistrati) e Anna Maria Greco (Il Giornale del 10 settembre 2004 a pag. 10, Dopo dodici anni, concorso «sospetto», 275 toghe rischiano il posto).»

La convinzione di molti  ̶  all’interno e all’esterno degli ambiti giudiziari e accademici  ̶  è che si tratti di aree affrancate da ogni forma di controllo e caratterizzate dall’assoluto arbitrio.

In sostanza ed in sintesi vi è un assai consistente rischio – nel caso si vogliano adire le vie legali – di incappare in giudici non degni della toga indossata, talora con cupa alterigia …

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