Fatta la legge trovato l’inganno. La riforma dei mercati finanziari, a cui il Congresso USA ha dato il via libera il mese scorso, potrebbe non bastare a frenare la speculazione delle banche. Dopo l’approvazione, il 16 luglio, della Volcker rule (dal nome dell’ex presidente della Fed Paul Volcker), per gli istituti bancari diventerà più difficile fare scommesse mettendo a rischio il proprio capitale (proprietary trading), ma non sarà impossibile: basterà farlo “su mandato dei clienti”.
A scriverlo è il New York Times, che ricorda come, da aprile a luglio di quest’anno, i sopravvissuti di Wall Street JPMorgan Chase e Goldman Sachs abbiano perso più di 100 milioni di dollari a testa in investimenti a rischio per conto della clientela, nonostante che a Washington, negli stessi mesi, si stesse discutendo in modo acceso di limiti alla speculazione.

“Perdite di questo tipo – solo un po’ più grandi – hanno contribuito alla crisi finanziaria e hanno obbligato il governo federale a spendere miliardi di dollari per salvare le istituzioni finanziarie”, scrivono Nelson D. Schwartz e Eric Dash sul quotidiano di New York.
Le banche si difendono dicendo che molte di queste transazioni vengono fatte “a servizio della clientela”, ma chi lavora all’interno del sistema finanziario sa benissimo che non sempre è così. “Virtualmente si possono classificare come attività per conto della clientela tutte le operazioni che si fanno sui mercati”, ha dichiarato Janet Tavakoli, che guida una società di consulenza sui derivati a Chicago. “Le perdite che si sono registrate sulle attività speculative in primavera sono un cattivo segnale. E’ un esempio di quello che la riforma finanziaria molto probabilmente non riuscirà a prevenire”.

Date le dimensioni di banche come JPMorgan e Goldman Sachs, in proporzione le perdite recenti sono relativamente piccole ma evidenziano un problema serio: le banche potranno continuare a speculare anche con operazioni che mettono a rischio il proprio capitale. L’importante è che siano fatte, almeno formalmente, “per conto dei clienti”.
Già prima che la proposta di Volcker diventasse legge, i colossi bancari Morgan Stanley e JPMorgan avevano iniziato a smantellare gli uffici destinati al proprietary trading (“prop desks”), spostando trader e analisti verso attività finanziarie a favore della clientela. La stessa Goldman Sachs sta ora pensando a grandi cambiamenti, che trasformerebbero alcune delle star del proprietary trading (gente da svariati milioni di dollari di stipendio all’anno) in semplici gestori di fondi, che impiegano i soldi affidati alla banca dai clienti. Ma per molti osservatori questi traslochi all’interno delle banche sarebbero solo di facciata. Il trading proprietario è destinato a sopravvivere, pur se con altre forme e sotto altri nomi.

Anche perché a volte può essere difficile – perfino per gli addetti ai lavori – tracciare un confine netto tra le operazioni che la banca fa nel proprio interesse (e con le proprie risorse) da quelle che mette in atto per conto dei clienti. Se, per esempio, un cliente si rivolge a una banca per puntare sull’aumento del prezzo del carbone, in genere la banca trova una controparte che vuole piazzare una scommessa di segno opposto (in questo caso sulla diminuzione del prezzo) e la fa incontrare con il cliente. Alla fine, se il prezzo sale il cliente guadagna, se scende vince la controparte. La banca resta fuori e agisce esclusivamente da intermediario, intascando commissioni.
Ma se la controparte non si trova, il suo ruolo può essere assunto (anche temporaneamente) dalla banca stessa, che rischia con le proprie risorse, nel pieno interesse del cliente. In questo caso la banca agisce per conto della clientela, ma scommette in proprio. E se va male resta con il cerino in mano.

A JPMorgan è successo proprio con il carbone. Alla fine dell’anno scorso molti clienti della banca hanno scommesso sulla salita dei prezzi e il colosso finanziario ha agito da controparte (giocando al ribasso), comprando centinaia di milioni di dollari di contratti derivati sul carbone. All’inizio le cose sono andate bene per la banca, che ha portato a casa profitti facili, ma poi, nell’aprile di quest’anno, il prezzo ha iniziato a salire in modo inatteso e i trader di JPMorgan non sono riusciti a liberarsi in tempo delle scommesse al ribasso, piazzandole ad altre controparti. Risultato: la banca americana ha perso quasi 130 milioni di dollari. Di tasca propria. Ma nell’interesse supremo della clientela.

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