Trovare un modello di business remunerativo è un dilemma che attanaglia chi produce contenuti e pubblica materiale audio e video su Internet. Anni passati a interrogarsi su senso della gratuità, valore economico dei link, etica della condivisione digitale e professionalità a rischio causa mancato corrispettivo online. Rupert Murdoch, a fronte della crisi mondiale dell’editoria, propone il ritorno al pagamento dei contenuti su base coercitiva, ma il passo del gambero sul web è impossibile. Anacronistico credere di poter tornare all’accesso registrato per le news generaliste, la concorrenza free seppellirebbe i pionieri del ritorno alle origini. Ma il nodo business è da risolvere. L’opera intellettuale, anche in Rete, è giusto che trovi un suo contraltare economico per consentire a chi produce di continuare a farlo.

Peter Sunde Kolmisoppi aka brokep, cofondatore del sito The Pirate Bay insieme a Linus Olsson alla fine del 2009 ha dato vita a Flattr, la start up di micropagamento social più democratica finora creata in Rete. Nell’ufficio di Malmö, in Svezia, lavorano sul progetto cinque tecnici e due stagisti “regolarmente retribuiti”, precisa Eileen Burbidge dello staff. Il funzionamento è semplice: l’utente decide di stanziare una una cifra mensile a partire da un minimo di 2 euro per remunerare i creatori di contenuti che ha apprezzato. Tramite un apposito bottone potrà esprimere la sua preferenza e a fine mese la somma verrà suddivisa per i suoi clic. Il totale viene così frazionato in parti eque e gli autori ricevono il loro compenso. Dal totale percepito, Flattr trattiene il 10% per sé e il gioco è fatto. Nessun timore per chi sospetta che, nel caso in cui il processo a The Pirate Bay obblighi Peter a risarcire le major, Flattr sarà fagocitata insieme ai tesoretti dei suoi utenti, perché sono due attività del tutto separate. Nessun mistero, massima trasparenza: ad ogni FAQ c’è risposta e un video spiega la spartizione democratica della torta.

“Flattr è un’estensione dei principi su cui è fondato The Pirate Bay: dalla condivisione del contenuto passiamo a quella del denaro che si trasforma così in un bene digitale”, spiega Peter, che annuncia a breve l’evoluzione della versione beta. “Ha raggiunto oltre 20mila utenti fra blogger, musicisti, giornalisti, fotografi, film maker e informatici, molti dei quali in Germania, che lo utilizzano sia per lavoro che per finanziare i propri hobby”. Flattr potrebbe aiutare anche il finanziamento dei media online? “Due giornali tedeschi, Taz e Freitag – prosegue Peter- hanno deciso di inserirlo e in un post il Taz comunica ai lettori quanto ha guadagnato con i clic degli utenti, stilando la classifica degli articoli più letti. In giugno, scrivono, quasi mille euro”. Un buon risultato per un modello basato sul contributo volontario, rivoluzionario anche perché equipara donatori e creatori. “Per noi sono identici, ed entrambi devono contribuire alla conoscenza in Rete e alle condizioni economiche di chi vi opera. La conditio sine qua non è che chi dona è anche producer”, puntualizza Eileen.

L’interesse per il modello Kolmisoppi-Olsson è trasversale, ma cresce soprattutto fra media e user generated content. Ma gli utenti, alla fine dei conti, sono davvero disposti ad aprire il portafoglio? “Molti ci chiedono se le persone desiderino pagare per qualcosa che è gratis – conclude Linus -. Noi crediamo di sì”.

Articolo Precedente

“Bonus bebè solo per gli italiani”
Ma le ordinanze leghiste hanno vita breve

next
Articolo Successivo

Viva l’Italia

next