Lo scandalo Wind s’allarga. Entrano in scena i servizi segreti, con il vice-direttore dell’Aisi Paolo Poletti e vecchie conoscenze delle indagini Why Not e Poseidone, come il senatore calabrese del Pdl Giancarlo Pittelli.

L’arresto di Salvatore Cirafici, direttore della security Wind, ora rischia di diventare un ciclone. Parliamo dell’uomo che, per conto di Wind, ha gestito le richieste di intercettazioni avanzate dalle procure di tutta Italia: è agli arresti domiciliari dall’11 dicembre. È stato arrestato su richiesta del pm di Crotone Pierpaolo Bruni, che lo indaga per concorso in rivelazione del segreto d’ufficio, favoreggiamento, falso e induzione a rendere false dichiarazioni. L’inchiesta, che all’inizio si concentra sulle centrali energetiche del crotonese, vira sulla Wind quando il pm scopre un fatto strano: un maggiore dei carabinieri, Enrico Grazioli, sul quale stava indagando, sapeva di essere intercettato. Secondo l’accusa, glielo aveva riferito proprio Cirafici, ma questo è soltanto il primo passo.

Il pm scopre che Cirafici è in grado di sapere, praticamente in tempo reale, che la procura di Crotone sta avviando accertamenti anche su di lui. Quando il pm Bruni chiede di accertare l’intestatario di un numero Wind, la società risponde che si tratta di un numero “disattivo”. Il pm insiste. Sa bene che quel numero è attivo: ha intercettato una conversazione, che il maggiore Grazioli intratteneva proprio con l’intestatario di quel cellulare, quindi non ha dubbi. Il pm insiste e la Wind, finalmente, risponde che quell’utenza, in realtà, non è disattiva: appartiene proprio a Cirafici. Nasce così un sospetto ulteriore: che esistano utenze “criptate”, “disattive” soltanto in apparenza, mentre in realtà sono operative. Il sospetto è grave. Il “sistema” potrebbe eludere qualsiasi indagine. S’era forse messo in moto un sistema, basato su utenze “criptate”, che poteva consentire di depistare le indagini? È presto per dirlo. Ma è proprio il maggiore Grazioli a rivelare, durante un interrogatorio, d’aver saputo, dallo stesso Cirafici, che aveva “la disponibilità di schede telefoniche Wind non intestate e non riconducibili ad alcuno: erano quindi delle schede coperte, pertanto di pressoché impossibile riconducibilità a un soggetto, qualora fosse stata inoltrata specifica richiesta di intestatario da parte dell’Autorità Giudiziaria”. Non solo. “La tipologia di schede Wind di cui sopra”, continua Grazioli, potrebbero essere state “consegnate e date per l’uso anche a soggetti ricoprenti ruoli istituzionali di primo piano”.

Nella richiesta d’arresto, poi disposta dal gip di Crotone Gloria Gori, si leggono nuovi, importanti retroscena. Grazioli aveva seguito, come investigatore della polizia giudiziaria, le indagini Why Not e Poseidone. Tra gli indagati all’epoca, poi archiviato, anche il senatore del Pdl Giancarlo Pitelli. Interrogato da Bruni, Grazioli rivela: “Ritengo che Pittelli e Carchivi (nessuno dei due è indagato) volessero utilizzarmi come strumento per colpire appartenenti alle istituzioni che, secondo un loro distorto giudizio, compivano e compiono attività investigativa nei confronti di soggetti a loro vicini”. Poiché Grazioli e Pittelli entrano in contatto dopo Why Not e Poseidone, il riferimento è da intendersi a indagini successive, ma sono interessanti gli ulteriori passaggi dell’interrogatorio. Grazioli è interessato a un’assunzione nei servizi segreti. Cirafici mostra di volergli dare una mano. Ed è proprio per questo motivo, secondo l’accusa, che il direttore della Security Wind avvisa il maggiore che è sotto indagine: una pendenza pena-le, infatti, avrebbe compromesso l’operazione. Durante le intercettazioni, però, il pm sente nominare un certo “Paolino”.

Di chi si tratta? Di Paolo Poletti, vice direttore dell’Aisi, e a spiegarlo è sempre Grazioli, che conferma l’interessamento di Cirafici, attraverso Poletti (non indagato, ndr), per un posto nei servizi. Ma in un altro passaggio Grazioli rivela: “Cirafici mi chiedeva di attivarmi al fine di conoscere il contenuto dell’investigazione di cui, io e lui, eravamo oggetto (quella di Bruni, ndr). Mi disse che avrebbe interessato Pittelli e Poletti per ricevere informazioni”.

di Antonio Massari da Il Fatto Quotidiano del 15 dicembre 2009

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