Per una volta il sindacato della Cgil non è sceso in piazza per chiedere qualcosa, soldi, misure straordinarie, politiche industriali. Certo, sabato a Roma c’erano in sottofondo anche queste esigenze, ma prevaleva il bisogno di raccontare in pubblico una crisi che fatica a superare la barriera dei media, per due ragioni.

Prima: la sente solo chi ne è direttamente colpito, cioè chi perde il posto di lavoro e scopre all’improvviso che l’Italia è un paese dell’Ottocento, dove chi resta senza un impiego è abbandonato a se stesso, dove i precari si trovano a odiare i metalmeccanici e gli operai perché loro, almeno, sopravvivono con la cassa integrazione.

Seconda ragione, palese al corteo e negli interventi dal palco: la recessione si sta saldando con i disastri di cultura imprenditoriale e di malaffare che da sempre prosperano in Italia. La storia scelta come simbolo della manifestazione, quella di Eutelia-Omega, non c’entra nulla con la recessione. E’ una vicenda di manager banditi, banche disinvolte e lavoratori trasferiti da un’azienda all’altra come arredi d’ufficio. Raccontare la crisi, quindi, è difficile. Perché non si tratta di spiegare una passeggera difficoltà congiunturale, ma di esplicitare il collasso di un sistema Paese che – mentre gli Stati Uniti e la Cina guardano al futuro – affoga per le zavorre del suo passato.
Su Libero di domenica, Mario Giordano ha detto che “Questi portano iella”, parlando della piazza romana. Magari fosse così semplice.

Video a cura di Paolo Dimalio e Irene Buscemi

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