di Antonella Mascali

“Mi ha tolto un pezzo di polmone sano, ho una cicatrice di 20 cm sotto al seno, dopo oltre due anni ho dolori atroci e questo “luminare” potrebbe non andare in galera. Ma che giustizia abbiamo in questo paese?”. La vita di K. B., professionista milanese di 47 anni, è stata segnata per sempre da un medico senza scrupoli, che non ha esitato, per denaro, a operare e provocare danni a pazienti che non avevano bisogno dei suoi interventi.

Il professor Pier Paolo Brega Massone l’ha menomata e ora, grazie al ddl “processi brevi”, il macellaio della chirurgia toracica della clinica milanese Santa Rita e gli altri imputati potrebbero farla franca. La signora, che ha accettato di parlare a Il Fatto quotidiano, e le altre vittime di lesioni anche molto gravi, non solo hanno la vita distrutta, ma potrebbero non avere neppure giustizia – se la sentenza non arrivasse entro i primi di luglio 2010 – , per una legge ideata esclusivamente per evitare i processi a Berlusconi.

Era maggio-giugno del 2007 quando la signora arriva alla Santa Rita per fare degli esami, in vista di un intervento non preoccupante. Per disgrazia le sue analisi sono intercettate dal primario – Brega Massone, appunto – anche se l’operazione che doveva fare non aveva nulla a che vedere con i polmoni.

È stato l’inizio del calvario di K. B. “Il professore mi ha terrorizzato letteralmente – racconta la signora – mi ha detto che uno dei miei polmoni era messo malissimo, che non avrei potuto affrontare nessun altro intervento se non avessi risolto prima quel problema, che ero a rischio. Ma allo stesso tempo aveva un tono convincente”.

Vuol dire che era affidabile?

 

“Io gli ho creduto ciecamente perché era un primario molto stimato, veniva dall’istituto dei tumori. Come potevo immaginare che fosse un medico senza scrupoli?”.

Le aveva parlato di rischi per l’asportazione di una parte del polmone?

 

“Affatto. Anzi, mi aveva detto che si trattava di un intervento semplice e che nel giro di tre, quattro giorni sarei stata dimessa . Pochi giorni dopo il colloquio ero già ricoverata e lo stesso professor Brega Massone mi ha operata. È da allora che è cominciato il mio incubo. Sono rimasta in clinica oltre dieci giorni tra sofferenze inenarrabili. Ancora adesso, a distanza di oltre due anni, ho male. Il mio polmone non doveva subire nessuna asportazione e invece mi ritrovo un taglio di 20 cm sotto al seno”.

 A questo punto la signora si interrompe, non è facile parlare della menomazione che ha subito:

 

“Non ho più sensibilità a un seno e non aggiungo altro… Non sono più la stessa, spesso ho dolori, non riesco più a fare una corsa con i miei figli, a portare i sacchetti della spesa o una valigia. La rabbia che ho dentro è indescrivibile, la mia fiducia nei medici non esiste più. Il problema per cui ero andata alla Santa Rita me lo tengo, ormai ho il terrore dei camici bianchi”.

La signora K.B. si è costituita parte civile, assistita dall’avvocato Marco Marzari, il rischio che non possa avere giustizia per quanto le è accaduto le provoca sconforto:

 

“Solo l’idea che il processo possa essere prescritto mi fa venire i brividi. Se questa è la giustizia italiana, siamo messi proprio male. Qui siamo di fronte a una persona colpevole, ci sono a suo carico intercettazioni agghiaccianti (“Io pescavo dappertutto, da Lodi, dove tiravo fuori le mammelle, poi ho cominciato a pescare anche polmoni…” ad esempio, ndr). Invece del carcere cosa gli diamo, un monumento? Se non viene punita una persona che mutilato pazienti che Stato abbiamo? Vuol dire che non tutela le vittime, vuol dire che gli slogan sulla sicurezza sono solo pubblicità”.

da Il Fatto Quotidiano del 14 novembre 2009

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