Renzi sentito dalla Procura per quella telefonata di CdB

I pm di Roma a Palazzo Chigi - Il premier teste per capire se da “uomini vicini a lui” giunsero a De Benedetti notizie riservate sul decreto delle Popolari. In Borsa boom di acquisti dell’Ingegnere

24 Giugno 2016

Matteo Renzi è stato sentito qualche settimana fa dalla Procura di Roma come persona informata sui fatti nell’inchiesta sulle presunte plusvalenze sospette ottenute in Borsa con le compravendite di azioni delle banche popolari, a ridosso del decreto del governo che le trasformava in società per azioni. Il verbale di Renzi è stato secretato. Chi ha portato i magistrati romani a bussare a Palazzo Chigi è l’ingegnere Carlo De Benedetti. Il fondatore e presidente onorario di Cofide (controllata dalla famiglia, gruppo attivo anche nell’editoria con L’Espresso e La Repubblica) in una telefonata con il suo intermediario per gli acquisti azionari avrebbe indirettamente tirato in ballo il premier come fonte di rivelazioni relative a notizie utili per fare investimenti in Borsa.

A dicembre del 2015 Nicola Porro su Il Giornale rivelò il primo pezzo della storia. De Benedetti in alcune telefonate con gli intermediari usati dalla società di investimento del suo gruppo, la Romed, “chiederebbe direttamente di investire in Popolari. Il decreto del governo ancora non c’è. Ma l’ingegnere sosterrebbe di essere stato informato, tra gli altri, anche da ambienti vicini a Bankitalia”.

Sempre secondo Il Giornale, “venerdì 16 gennaio, Cdb piazza alcuni ordini, tra cui quello da circa 5 milioni sulle Popolari. L’operazione avviene appunto attraverso Bolengo (Gianluca, amministratore delegato di Intermonte Sim, ndr). (…) Al telefono Cdb dice di sapere per certo ciò di cui si rumoreggia sui mercati: arriverà presto la trasformazione delle popolari. (…). Fonti che sarebbero vicine alla Banca d’Italia”.

Ora si scopre che in realtà le fonti istituzionali non sarebbero “vicine alla Banca d’Italia” ma a Palazzo Chigi. Per capire questa vicenda però bisogna fare un passo indietro. L’11 febbraio 2015 Giuseppe Vegas, presidente della Consob, udito alla Camera dei deputati spiega il suo sospetto: “La Consob ha monitorato con particolare attenzione l’andamento delle azioni delle banche popolari a partire dall’emersione dei primi rumors sulla riforma, (…) le analisi effettuate hanno rilevato la presenza di alcuni intermediari con un’operatività potenzialmente anomala, in grado di generare margini di profitto, sia pur in un contesto di flessione generale dei corsi. Si tratta, in particolare, di soggetti che hanno effettuato acquisti prima del 16 gennaio, eventualmente accompagnati da vendite nella settimana successiva”. Il Giornale, come detto prima, parlava di ordini di CdB proprio del 16 gennaio.

Le segnalazioni della Consob quindi danno il via all’indagine della Procura di Roma di cui è titolare il pm Stefano Pesci. In questo fascicolo è finita anche la telefonata tra il patron del gruppo Espresso e i suoi intermediari sulla quale la Procura di Roma ha chiesto chiarimenti a Matteo Renzi. Le parole sulle fonti istituzionali e gli acquisti (5-6 milioni di euro con una plusvalenza di circa 600 mila euro secondo Il Giornale) sono stati i temi di un precedente esame testimoniale (sempre da non indagato) di Carlo de Benedetti.

L’ingegnere dichiarò tramite il suo portavoce quando uscì l’articolo di Porro: “Nessun abuso di informazione privilegiata da parte della Romed, società di cui Carlo De Benedetti è azionista ma in cui non ricopre più alcun incarico, né tantomeno da parte sua (…) Da sempre, una delle principali attivita’ della Romed è la compravendita di titoli. (…) La Romed effettua annualmente transazioni per vari miliardi di euro in trading finanziario su azioni e cambi. In particolare per quanto riguarda le banche popolari, le discussioni e le indiscrezioni relative a una possibile riforma erano di pubblico dominio già diverso tempo prima dell’approvazione del decreto”.

L’inchiesta della Procura di Roma è andata avanti. Nel corso delle indagini però i magistrati non sono riusciti a verificare chi abbia commesso l’ipotetico reato di insider trading. La tesi di Carlo De Benedetti, della non segretezza delle informazioni in ipotesi ricevute dal “Palazzo”, sembra essere suffragata dalla rassegna stampa di allora. Le informazioni che l’ingegnere riferisce in quelle sue telefonate di avere avuto da fonti istituzionali – secondo le prime verifiche degli investigatori – in fondo erano sensibili ma non riservate perché circolavano sulla stampa. Certo una cosa è leggere un’indiscrezione sul Sole 24 ore e un’altra apprendere un’anticipazione dalla viva voce di fonti dirette e istituzionali. In assenza di riscontri l’inchiesta però potrebbe concludersi con l’archiviazione.

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