Decalcificazione del calcestruzzo” e “perdita di resistenza meccanica“. Tradotto: cemento meno resistente. C’è un passaggio nella richiesta di sequestro degli impianti Enel di Brindisi, Cementir di Taranto e di parte dello stabilimento dell’Ilva da parte dei pm Antonio Coccioli e Lanfranco Marazia, riportato dalla gip Antonia Martalò, che apre uno squarcio sui potenziali pericoli conseguenti all’ipotesi che la multinazionale elettrica abbia potuto vendere alla Cementir ceneri da destinare allo smaltimento perché contenevano ammoniaca, nichel, vanadio e mercurio.

Le preoccupazioni sulla presenza di ammoniaca – È sulla ammoniaca che si concentrano le considerazioni del pm rispetto alla qualità del prodotto finale, poi probabilmente finito in commercio. Perché la presenza di “sostanze alcaline come l’azoto ammoniacale”, a parere del pm, influisce “sulla qualità e sulla composizione del prodotto finale, privando il cemento così ottenuto di alcune caratteristiche chimico-fisiche coessenziali alle sue funzioni in impiego in campo civile e industriale”. In particolare, aggiunge, “lo ione ammonio può essere alla base del processo di decalcificazione del calcestruzzo che inficia le proprietà leganti del più utilizzato materiale di costruzione”. La decalcificazione, ad avviso dei magistrati, trasforma in “prodotti progressivamente meno leganti” i silicati idrati. E questo processo chimico, che potrebbe scaturite dalla presenza dell’ammoniaca, si manifesta con “un aumento di porosità” del calcestruzzo e “soprattutto con una perdita di resistenza meccanica”.

La norma sui cementi – Quelle ceneri, secondo i magistrati, dovevano quindi essere smaltite e non potevano essere impiegate nella produzione. Del resto, la normativa Uni En 197-1 sulla composizione dei cementi, come apprende ilfattoquotidiano.it, delinea chiaramente quali “ceneri volatili” possano essere impiegate per la produzione del calcestruzzo: sì a quelle residuo della combustione di carbone, no alla “cenere ottenuta mediante altri metodi”. Anche per questo, stando alla ricostruzione della procura di Lecce che Enel respinge fermamente, c’era “piena consapevolezza dell’illecita condotta” da parte degli 11 indagati tra i dirigenti dell’azienda energetica. Lo scrive più volte la gip del tribunale salentino, supportata dalle intercettazioni riportate nelle 136 pagine del decreto di sequestro dell’impianto di Cerano, della Cementir e di una parte dello stabilimento Ilva. Perché quel cemento veniva confezionato con materie prime che “non erano conformi agli standard richiesti dalla normativa vigente”, secondo i pm.

“Volevano abbattere i costi” – E quella “piena consapevolezza”, scrive il giudice per le indagini preliminari può desumersi dai tentativi di “sviare o comunque ostacolare le attività d’indagine, fornendo risposte false e fuorvianti alle richieste degli inquirenti”. Perché i militari delle Fiamme gialle che hanno operato per anni su delega della magistratura erano ritenuti “esperti del settore”. E la paura era che al termine dell’indagine arrivassero i titoli dei giornali. Ma nessun accorgimento, secondo il gip, è stato adottato in questi anni per “ripristinare l’esercizio di componenti impiantistiche, pur presenti”. Una circostanza, scrive il gip, che “induce ragionevolmente a ritenere che tale modalità operativa, alla base della condotta di illecito smaltimento di rifiuti, sia frutto di un preciso indirizzo strategico imputabile ai vertici aziendali, evidentemente in un’ottica di abbattimento dei costi di produzione”, quantificati in mezzo miliardo di euro.

“Dobbiamo suggestionare il giudice” – “Particolarmente emblematica, anche per i toni usati”, ad avviso della giudice, è una telefonata tra un alto dirigente romano non indagato e Fausto Bassi, all’epoca direttore della centrale brindisina. Nella telefonata il manager “suggerisce (anzi, pare imporre categoricamente)” di scrivere “un rapporto, a beneficio della polizia giudiziaria (…) che ne aveva fatto richiesta, sulle ceneri prodotte”. Il report di Bassi avrebbe dovuto quantificare in “due cucchiaini su una tonnellata” le ceneri da Ocd, ritenute pericolose: “Deve essere una suggestione forte per il giudice, capito? I famosi due cucchiaini in una tonnellata di ceneri, lo voglio scrivere così, glielo voglio schiaffare proprio cosi”, dice il manager. Una richiesta che dovrebbe servire, ad avviso del gip, a “suggestionare”, fornendo “un dato che induca il giudice a ritenere infondate le eventuali ipotesi accusatorie”.

“Già mi immagino i titoli dei giornali” – “Significative” per comprendere la “piena consapevolezza” da parte dei manager di Enel sarebbe anche un’altra intercettazione nella quale sempre Bassi, si legge nell’ordinanza, “commenta l’attività investigativa in corso (…) con uno dei suoi collaboratori e mostra preoccupazione” per i possibili risvolti: “Mo aspetta hai contaminato tutte le ceneri… tutte le ceneri boh! Vediamo. Solo che già mi immagino i titoli di giornali”. Sempre Bassi, subito dopo un sopralluogo dei finanzieri, parla con un suo collega e “dal tenore del dialogo – scrive il gip – emerge tanto la consapevolezza della illiceità nella condotta di gestione delle ceneri, quanto la difficoltà di dare risposte credibili agli organi inquirenti” che vengono ritenuti esperti del settore “e quindi non disposti ad accontentarsi di risposte evasive e poco convincenti”. “Questi qua sono cinque… sono nel loro nucleo ambiente eh! Non è tributario – dice il collega dell’indagato – che non fanno un cazzo che non sanno un cazzo”. E Bassi: “No no… (incomprensibile) …ci capiscono”. “Sono cinque esperti”, conferma ancora il collaboratore e Bassi risponde: “Questi ci capiscono abbastanza (…) a modo loro ma ci capiscono. Vabbè dai eee… Tanto lo sapevamo eee…”.

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