Da una parte, il record di occupati, tornato ai livelli pre-crisi. Dall’altro, l’aumento del tasso di disoccupazione – anche tra i giovani – spinto dal crollo degli inattivi che sono al minimo storico. È la fotografia dei dati Istat sul mercato del lavoro a luglio.

Il numero di occupati ha superato il livello di 23 milioni di unità, soglia oltrepassata solo nel 2008, prima dell’inizio della lunga crisi. Mai dopo l’ottobre di nove anni fa, quando erano 23,081 milioni, l’Italia aveva raggiunto i 23,063 milioni raggiunto durante a luglio con un aumento dello 0,3 per cento rispetto al mese di giugno quando a crescere erano stati quasi esclusivamente i dipendenti a termine. Un incremento pari a 59mila posti di lavoro in più che conferma – spiega l’Istituto – “la persistenza della fase di espansione occupazionale”. Rispetto a luglio 2016 l’incremento è di 294 mila unità (+1,3%). E confrontando i dati con l’ultima rilevazione, l’aumento interessa sia i lavoratori dipendenti permanenti (+0,2%, +23 mila) sia quelli a termine (+0,7%, +19 mila). Nel periodo maggio-luglio si registra una crescita degli occupati rispetto al trimestre precedente (+0,3%, +65 mila), determinata dall’aumento dei dipendenti, sia permanenti sia, in misura prevalente, a termine.

Non a caso, rileva l’Inps, nei primi sei mesi del 2017 sono stati attivati oltre 822.000 contratti a tempo indeterminato (comprese le trasformazioni) con un calo del 2,7% sullo stesso periodo del 2016. E sottolinea che le cessazioni di contratti stabili nello stesso periodo sono state 790.133 e che quindi il saldo resta attivo per 32.460 unità, ma comunque in calo rispetto ai 57.277 dei primi sei mesi 2016 e di 391.869 dei sei mesi 2015 quando erano previsti sgravi contributivi totali.

E inoltre il crollo degli inattivi, in calo di 115mila persone, spinge il tasso di disoccupazione all’11,3% in luglio, in crescita di 0,2 punti percentuali. Un dato ancora più forte tra i giovani: nella fascia 15-24 anni, infatti, la quota di giovani disoccupati sul totale di quelli attivi, è pari al 35,5%, in aumento di 0,3 punti percentuali rispetto al mese precedente. Il fatto che i tassi di occupazione e disoccupazione siano entrambi in crescita è attribuibile al forte calo di coloro che non cercano lavoro. Questo tasso è sceso al 34,4% (-0,3 punti). L’Istat fa sapere di non aver mai registrato un valore più basso nelle serie storiche mensili, iniziate a gennaio 2004, e nemmeno in quelle trimestrali, disponibili dal 1977.

I dati trovano una lettura contrastante nel mondo politico. Per il ministro del Lavoro Giuliano Poletti si tratta di “un altro passo nella giusta direzione“, mentre il segretario del Pd Matteo Renzi esulta: “918mila posti di lavoro da febbraio 2014, inizio dei mille giorni, a oggi – scrive su Twitter – Il milione di posti di lavoro lo fa il Jobs Act, adesso avanti”. Con loro gioisce tutto il Pd. Più cauto il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni: “Gli italiani occupati superano 23 milioni, un record. Ancora molto da fare contro disoccupazione ma effetti positivi da Jobs Act e ripresa”.

Dalla parte opposta, il capogruppo di Forza Italia Renato Brunetta parla di “disastro della sinistra al governo” fotografo dai dati Istat: “L’occupazione cresce e ritorna ai livelli del 2008: buona notizia – scrive – Peccato sia l’effetto dei contratti a termine, che il famigerato Jobs Act di Renzi e Poletti doveva eliminare. Per il resto abbiamo l’effetto delle pensioni sugli ultra cinquanta. In crisi nera la fascia dei 35-50enni e le donne. Aumenta il tasso di disoccupazione, aumenta parallelamente il tasso di disoccupazione giovanile”.

 

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