Mediaset si blinda con un’operazione di riacquisto azioni che aumenta il peso di Fininvest bypassando l’obbligo di un’offerta pubblica d’acquisto. Intanto all’assemblea annuale, disertata dai soci francesi, il gruppo di Cologno Monzese attacca nuovamente Vivendi. Questa volta portandola in giudizio per “violazione della legge sul pluralismo televisivo, violazione contrattuale, concorrenza sleale” come ha annunciato Fedele Confalonieri, presidente di un gruppo che per decenni ha tratto vantaggio dal duopolio del mercato televisivo italiano. Il numero uno di Mediaset non ha poi risparmiato le critiche al modus operandi di Vivendi e del suo azionista di riferimento Vincent Bolloré definendo “inquietante” l’ipotesi che l’azienda francese possa diventare “un grande editore in Italia” perché si tratta di una società che “tradisce impegni presi e tratta con arroganza gli organi di controllo”.

Il riferimento è al dietrofront francese su Premium, promessa sposa di Vivendi ripudiata poco prima delle nozze con tanto di strasichi legali al seguito. Per Confalonieri si è trattato di un “voltafaccia, un accordo stracciato e un attacco al cuore di Mediaset” cui sono seguite le “scorrerie” in Borsa per salire al 29,9% dei diritti di voto del gruppo di Cologno Monzese che pretende dai francesi l’esecuzione del contratto. E, con l’ultima causa, intentata lo scorso 8 giugno, domanda anche ai giudici di intimare a Vivendi la dismissione dei titoli del Biscione “secondo modalità e tempi non elusivi della pronuncia e tali da non alterare il corso di borsa del titolo”, fissando anche la penale per Vivendi per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione dell’eventuale condanna”.

In casa Mediaset, la vicenda Premium è stata in sintesi un vero e proprio “trauma” che avuto un impatto sui conti 2016 del gruppo di Cologno Monzese. Per il presidente, infatti, il rosso di Mediaset (294 milioni) è “in massima parte ascrivibile al conflitto con Vivendi” con 341,3 milioni di euro di oneri straordinari. “Siamo di fronte al tentato take over ostile ai danni di un campione nazionale del cruciale settore dell’editoria televisiva”, ha aggiunto il manager, che ha parlato di “rischio di una presa di controllo di
una parte molto importante dell’informazione in Italia e degli investimenti nel settore audiovisivo e dello spettacolo”. E ha poi ammonito: “Se tutto questo va a un gruppo straniero, un gruppo con interessi molto diversificati e globali e con un approccio tipicamente finanziario, è lecito avere qualche preoccupazione di ordine più generale”.

Timori che però sono stati in parte superati, come ha spiegato l’ad Piersilvio Berlusconi, precisando di non vedere “il rischio” di una scalata ostile francese anche alla luce delle normative e del parere dell’Agcom che ha imposto a Vivendi di scegliere in tempi relativamente brevi fra Mediaset e Telecom. Senza contare che il buy-back (riacquisto azioni proprie, ndr) fino al 10%, appena varato dall’assemblea, mette in sicurezza la società: Mediaset infatti ha in pancia il 3,795% di azioni proprie e potrà ancora acquistarne ancora fino al 6,473 per cento. Considerato che le azioni proprie sono prive di voto, ad acquisti conclusi, Fininvest avrà il 43,92% del capitale votante di Mediaset. E potrà ancora far lievitare la sua partecipazione del 5% nel maggio del 2018 senza incorrere nell’obbligo di un’offerta d’acquisto obbligatoria.

Tuttavia per il socio Amber (2,5%) restano ancora sul tavolo diverse incognite sul futuro di Mediaset. Il fondo attivista ha infatti espresso molte perplessità su un consiglio di amministrazione e un management “fermo agli anni Ottanta e Novanta” e “non adeguato”. Non solo: Amber ha accusato il gruppo di Cologno Monzese di essere “un’azienda vecchia, con una struttura di costi elevata“, con un cda costato 62 milioni di euro solo negli ultimi quattro anni. Pur evidenziando le modalità “poco ortodosse” di Vivendi e l'”errore di valutazione” sul caso Premium, il rappresentante del fondo, Arturo Albano, ha invitato infine il management di Cologno Monzese ad un cambio di passo con “nuove strategie”. Anche perché, in questa fase storica per il mondo dei media, “stare da soli è miope”.

Quest’ultimo argomento è ben chiaro nella mente del management di Mediaset che sa bene quanto sia importante crescere a livello internazionale per competere con la rivale di sempre Sky e con i nuovi player come Netflix o Google. Non a caso, nell’assemblea, Confalonieri non ha escluso acquisizioni. Ma soprattutto Berlusconi ha aperto all’ipotesi di un’alleanza sui diritti tv della Serie A con Tim, società controllata dalla stessa Vivendi con cui Cologno monzese è in causa. E’ forse da qui che Mediaset vuole ripartire per costruire il suo futuro? Difficile dirlo. Certo il caso ha voluto che solo poche ore prima il numero uno di Tim, Flavio Cattaneo, abbia fatto sapere di essere pronto ad una “condivisione” sul tema dei diritti del calcio con Mediaset. A patto, naturalmente che ci sia una “convenienza reciproca”.

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